Da 130 anni i Malignani rilevano il meteo in centro

Gradino dopo gradino Giulia Stocchi sale le scale ed entra nell’osservatorio meteorologico di Arturo Malignani, l’inventore della lampadina. È lei la tenutaria dei registri pieni di numeri che raccontano i cambiamenti climatici degli ultimi 130 anni. È sempre lei ad annotare giorno dopo giorno le temperature massime, minime e medie, i millimetri di pioggia e di neve caduti. È la storia di un inventore e di una famiglia tutt’ora attuale soprattutto, come spiega Federico Malignani, il bisnipote di Arturo, se si pensa che il Tar ha accolto il ricorso contro la pavimentazione di via Mercatovecchio perché nel progetto mancavano i dati sulle precipitazioni annue. Bastava fare una telefonata a un componente della famiglia Malignani e quei dati sarebbero stati di dominio pubblico.
Federico Malignani sa bene che gli iter burocratici non consentono di classificare scientificamente i numeri rilevati nella stazione meteorologica situata quasi sul colle del castello, ma la storia del luogo gli fa dire che la città non può far finta che la stazione meteorologica non sia più attiva. Noi ieri siamo andati nel laboratorio creato da Arturo Malignani ed è stata una scoperta. «Guardi questi registri contengono le rilevazioni fatte sempre nello stesso posto dall’1 aprile 1888. Manca solo un anno quello che va dal 23 ottobre 1917 a inizio novembre 1918». Federico Malignani sfoglia le pagine del registro e legge i numeri scritti fitti fitti provocando una certa emozione. «Guardi, questa è la data e queste sono le temperature. All’epoca la temperatura media si ricavava applicando un coefficiente. Ora lo fa direttamente il computer». Le parole sono quelle di Giulia Stocchi che con la stessa cura usata da Arturo Malignani continua ad annotare i numeri descrivendo le condizioni del cielo. La signora delle rilevazioni sale nell’osservatorio a giorni alterni: «Lo faccio per controllare il funzionamento degli strumenti elettronici soprattutto dopo i temporali». Quel luogo sembra un mondo incantato dove la natura convive con la scienza tra 80 specie di rose, il melograno e il giardino roccioso creato dallo stesso Arturo Malignani per far crescere ciclamini e stelle alpini. Osservando il «piccolo bidoncino che raccoglie acqua piovana per trasmetterla poi nella stanza dei bottoni» si respira la storia del luogo e la forza dell’innovazione che ci ha lasciato in eredità Arturo Malignani. «Questo è sempre stato il luogo dove si facevano le rilevazioni», aggiunge Federico indicando i chiodi dove erano appesi i termometri e i due sensori tutt’ora collegati al computer nella stanzetta accanto. È qui che la signora della rilevazioni raccoglie le stampe e annota i valori sul registro. «La temperatura che scrivete sui giornali non è reale», commenta sorridendo Giulia Stocchi, soffermandosi sulla differenza tra temperature percepita e quella rilevata. Ed è sempre lei far notare che analizzando le rilevazioni meteorologiche si possono approfondire anche alcuni dati storici come i giorni e le ore dei bombardamenti che, inevitabilmente, provocavano aumenti di temperatura. Impossibile darle torto. In quell’angolo di città si respira genialità. Basta osservare il tavolo che ha come piano le lenti del telescopio che Arturo Malignani avrebbe voluto realizzare prima di arrendersi alla Zeiss. —
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