Crediti Iva inesistenti condannati Fasano e Barei

Crediti Iva «non spettanti o inesistenti» utilizzati in compensazione con le imposte dovute: di questo erano chiamati a rispondere Massimo Fasano, 52 anni, di Pavia di Udine, e l’ex commercialista Stefano Barei, 51, di Udine, nelle rispettive qualità di legale rappresentante e di amministratore di fatto della “Primeoffset srl” di viale Palmanova, nell’ulteriore filone della più ampia inchiesta scaturita dal fallimento della “Finsea servizi all’impresa srl”.

Il processo si è chiuso ieri, con la condanna di entrambi a 9 mesi di reclusione l’uno. Pena che il giudice monocratico, Mauro Qualizza, ha posto in continuazione con due precedenti sentenze emesse nei loro confronti. Era il 2014 e il gup inflisse 1 anno e 2 mesi a Fasano, che per difendersi dalla medesima accusa, riferita però all’anno d’imposta 2008, aveva affrontato il rito abbreviato, e 1 anno e 4 mesi a Barei, che aveva scelto invece la strada del patteggiamento e per il quale, ora, si è reso necessario disporre la revoca della sospensione condizionale della pena (confermata, invece, per il coimputato).

Del capo d’imputazione, al momento della discussione, sono risultate salve dalla prescrizione soltanto due delle quattro annualità contestate dal pm Marco Panzeri. E in entrambi i casi – il 2011 e il 2012 – si tratta di omissioni di versamento di imposte giustificato attraverso il ricorso alla compensazione di crediti (455.191 euro la prima volta e 454.027 la seconda) derivanti dalla “Abile srl” di Napoli: società di cui la Primeoffset aveva acquisito nel 2011 un ramo d’azienda, comprendente anche un credito Iva pari a 1 milione 412 mila euro.

A differenza di quanto sostenuto dalla Guardia di finanza, che aveva condotto le indagini, la difesa ha insistito innanzitutto sull’esistenza effettiva dei crediti trasferiti dalla Abile. «Esistono riscontri documentali – ha affermato l’avvocato Maurizio Conti, che nel procedimento assiste Fasano –. La compensazione, inoltre, è stata effettuata sulla base di una perizia asseverata, che attestava la sussistenza del credito. A monte delle operazioni, quindi, c’è sempre stata buona fede».

Nel ricordare a propria volta come a certificare l’esistenza dei crediti fossero stati «altri professionisti, peraltro non coinvolti nell’indagine», l’avvocato Paolo Viezzi, difensore di Barei, ha analizzato la tempistica delle contestazioni.

«Il 17 maggio 2012, il mio assistito fu sottoposto a custodia cautelare in carcere ed entrambe le contestazioni portano date successive», ha osservato, escludendo la sussistenza del reato a suo carico. Scontato per entrambi l’appello. –

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