Crac Cariferrara, indagato Pelizzo

CIVIDALE. Nuova grana giudiziaria per Lorenzo Pelizzo, l’ex presidente della Banca popolare di Cividale già a processo davanti al tribunale di Udine insieme agli allora vertici dell’istituto, per un presunto scambio di reciproche utilità, tra il 2004 e il 2010, con una ristretta cerchia di amici imprenditori.
Questa volta, l’avviso di garanzia arriva da lontano: per l’esattezza, da Ferrara, dove la Procura ha avviato un’inchiesta sull’aumento di capitale per 150 milioni di euro realizzato dalla Cassa di Risparmio di Ferrara nel 2011.
A quell’operazione, l’istituto di credito friulano partecipò con una quota di circa 2,8 milioni di euro. L’ipotesi accusatoria è che si sia trattato di un incremento fittizio. E che quindi Pelizzo abbia concorso nella speculazione, rendendosi a sua volta colpevole di aggiotaggio.
Le perquisizioni
La notizia del suo coinvolgimento nella vicenda, l’ennesima a puntare i riflettori su un istituto di credito italiano, è piombata come un fulmine a ciel sereno.
Pelizzo l’ha appresa mercoledì, in occasione delle perquisizioni condotte dalla Guardia di finanza anche in Friuli, per acquisire la documentazione necessaria a ricostruire, passo passo, ciò che avvenne prima della dichiarazione dello stato d’insolvenza di Carife da parte del tribunale di Ferrara.
Era stato proprio quel pronunciamento, sommato alle evidenze d’indagine fin lì emerse - il fascicolo era stato aperto nel febbraio del 2015 - a indurre gli inquirenti a rivalutare i fatti nell’ambito della disciplina fallimentare. E a ipotizzare quindi anche il reato della bancarotta, accanto a quelli di aggiotaggio, falso in prospetto e ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza.
La visita delle Fiamme gialle ha così interessato non soltanto la sede dell’istituto estense, ma anche quelle di una società controllata e di quattro altre banche intervenute nell’aumento di capitale, per un valore complessivo di 22,8 milioni di euro: la Cividale, appunto, la Banca popolare di Bari, la Banca popolare Valsabbina e la Cassa di risparmio di Cesena.
L’operazione contestata
Era il 2011 e Pelizzo teneva ancora salde le redini del gruppo (lo storico cambio al vertice avverrà nel 2014, dopo 43 anni di ininterrotta reggenza e al termine di un lungo periodo di polemiche, alimentate anche dall’eco dell’altro procedimento penale).
Carife deteneva da tempo una quota pari a circa il 5 per cento in Nord Est banca spa, istituto controllato dalla Banca popolare di Cividale (insieme alla Banca di Cividale e alla società di leasing). A fare saltare il banco, in tesi accusatoria, sarebbe stata l’«esistenza, seppure mediata, di una reciproca sottoscrizione di azioni tra Carife e i quattro istituti».
Secondo gli inquirenti, quest’operazione - vietata dall’ex art. 2632 del codice civile - avrebbe annullato, per il medesimo importo di 22,8 milioni di euro, l’incremento di capitale. Il meccanismo è spiegato in una nota delle Fiamme gialle.
«La sottoscrizione reciproca di azioni si verifica quando una società sottoscrive o acquista azioni appartenenti ad altra azienda che è contemporaneamente socia della prima impresa – si legge –. Nel caso in questione, a causa della sottoscrizione reciproca, la stessa somma, nella misura della reciprocità, ha concorso a formare il capitale sociale delle banche intervenute, col risultato che al capitale così formato non corrisponde un patrimonio effettivo».
Il coinvolgimento della banca
Da qui, l’iscrizione nel registro degli indagati dei vertici delle banche che parteciparono all’operazione. Per un totale di 21 persone, considerando anche i componenti del Consiglio d’amministrazione e del collegio sindacale di Carife e della società “veicolo” adoperata nella reciproca sottoscrizione.
A cascata, a ritrovarsi coinvolte nell’inchiesta sono state le stesse banche, Popolare di Cividale compresa, in virtù della legge 231/01 sulla responsabilità amministrativa dell’ente per i delitti commessi da propri dipendenti e manager. Il lavoro dell’unità specializzata in Computer forensics and data analisys del Nucleo di polizia tributaria di Udine all’interno della sede di Cividale è cominciato al mattino di mercoledì e si è concluso attorno alle 20.30, per la complessità richiesta dall’attività di copiatura digitale dei dati contenuti nel server.
La difesa
Il difensore di Pelizzo, avvocato Maurizio Conti, pur in attesa di acquisire a sua volta tutta la documentazione relativa al caso e presentarsi quindi dal pm di Ferrara, Bruno Cherchi, per chiarire la posizione del proprio assistito, ha escluso l’esistenza di una qualche responsabilità a suo carico. «L’operazione era stata assolutamente regolare ed era passata attraverso la deliberazione della dirigenza – ha detto Conti –. Quelle cedute dalla Banca popolare di Cividale erano azioni reali, con un valore ben definito».
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