Costantini beato, “secretato” il processo

Vescovo e giudici hanno giurato di non rivelare gli esiti della causa. Il nipote del porporato: «Un momento che attendevo»
COLUCCI - DINO TOMMASELLA - CONCORDIA - CARDINAL CELSO COSTANTINI . CERIMONI ADI INIZIO BEATIFICAZIONE - LA FIRME DI GIURAMETO DEL VESCCVO
COLUCCI - DINO TOMMASELLA - CONCORDIA - CARDINAL CELSO COSTANTINI . CERIMONI ADI INIZIO BEATIFICAZIONE - LA FIRME DI GIURAMETO DEL VESCCVO
Con il giuramento del vescovo Giuseppe Pellegrini e degli attori processuali di «conservare il segreto sugli atti che saranno prodotti», al termine della messa solenne nella cattedrale di Concordia Sagittaria, si è aperta ieri sera la causa di beatificazione e canonizzazione del cardinale Celso Costantini, primo evangelizzatore della Cina. Comincia l’istruttoria, che potrebbe proseguire anche per molti anni, che riporta in primo piano la parola “santità”, in una diocesi che nel calendario liturgico non ne conta molti, rispetto a tante altre: i santi Martiri concordiesi, il beato Bertrando di Aquileia, il beato Odorico da Pordenone e, ultimo arrivato, il beato Marco d’Aviano.


Quella di Celso Costantini – che partì da parroco di Roraigrande, Concordia e Aquileia –, però, è la prima causa avviata dalla diocesi di Concordia-Pordenone che ieri ha per questo vissuto un momento storico e forse unico. Alla presenza di uno dei due nipoti ancora vivi del porporato, figlio della sorella Maria, Giacomo Tasca, 91 anni, di San Vito al Tagliamento, esecutore testamentario, assieme alla moglie Maria e al figlio Andrea: «Forse questo processo poteva essere fatto prima – ha detto Tasca – perché è una cosa che doveva avvenire. Lo conobbi la prima volta che tornava dagli Stati Uniti, anziché dalla Cina, dove lavorava: era stato colpito da un tumore e quando fu operato a Pechino gli dissero andare a New York per le cure. Al ritorno, mi donò una rivista con le foto dei paesaggi e delle città americane». Il secondo nipote, Giovanni Costantini, classe 1923, vive in Lombardia. Sei i pronipoti che hanno assistito al rito: Antonio Costantini di Treviso, Isabella, Pietro e Luciano De Biasio di Padova, Alberto e Giovanni Combusti di Roma e Alatri. Ma c’era anche un “figlio della guerra”, che il porporato accolse nell’istituto San Filippo Neri che aveva fondato a Portogruaro: Guerrino Moretto, originario di Torrate, 99 anni, è arrivato in cattedrale con la lettera che il parroco di Taiedo, il 24 dicembre 1918, aveva mandato a Costantini perché lo accogliesse.


Numerosi i sindaci che hanno assistito al rito, tra i quali Francesca Papais di Zoppola (paese d’origine del candidato alla santità), in gran numero dal Veneto orientale, gli assessori Alessandro Basso e Maria Cristina Burgnich per Pordenone, il vicepresidente della Regione Sergio Bolzonello, la presidente di FriulAdria Chiara Mio, l’ambasciatore di Taiwan presso la Santa Sede Matthew Shieh-Ming Lee. A concelebrare (leggendo alcune letture in lingua madre), trenta sacerdoti della Congregazione Discipulorum Domini, fondata in Cina 90 anni fa da Costantini (cui ieri ricorreva il 59° anniversario della morte), con il superiore generale padre Francis Chong Shaw Lean («grazie per avercelo dato come padre, da lui ci siamo sentiti amati come da un padre: per motivi facilmente comprensibili non abbiamo potuto avviare noi la causa»), utilizzando il calice donato nel 1929 dall’Azione cattolica cinese, una scultura mariana del 1924 e il contenitore del pane in terracotta.


«Non è tempo di tessere lodi – ha detto il vescovo nell’omelia –. L’aspetto qualificante della sua vita è stato il suo essere missionario. Disse ai cinesi: “Non vengo come prelato, ma come missionario”. Ha incarnato il Vangelo nella quotidianità».


Nella preghiera dei fedeli, la storia del Servo di Dio: «Accompagnò a Roma, nel 1926, i primi candidati cinesi all’episcopato, consacrati da Pio XI», ha ricordato un socio dell’associazione Amici del cardinale; «fondatore del primo istituto religioso maschile in Cina, impegnato a sanare le ferite di tante vittime dei due conflitti mondiali, tra cui i “figli della guerra”», ha detto un religioso cinese; ancora una preghiera «perché la libertà religiosa, purtroppo limitata in vari Stati, sia garantita» e per «scongiurare uno scontro di civiltà tra Oriente e Occidente».


Dopo il rito, il giuramento davanti al cancelliere diocesano don Roberto Tondato «di conservare il segreto sugli atti» di coloro che avranno una parte nel processo diocesano: Bruno Fabio Pighin, vicario episcopale per la causa e presidente del tribunale; il postulatore padre Adel Nasr e il vice Simon Ee Kim Chong, il promotre di giustizia don Gianni Sedrani, il notaio Matteo Lazzarin; la commissione di esperti di storia e archivistica: Agostino Giovagnoli ed Elisa Giuniverso, docenti di storia contemporanea all’Università Sacro Cuore di Milano, Vannes Chiandotto, esperto di storia contemporanea, Fabio Metz, esperto di archivistica e storia locale. Resta invece riservata, per non subire influenze, l’identità dei censori teologi che formuleranno una valutazione sugli scritti e sulla personalità del candidato agli onori degli altari.


Il processo ora andrà avanti con i suoi tempi, sicuramente non brevi. «È una sfida per tutti noi – ha detto il parroco di Concordia Sagittaria don Livio Corazza –. Un evento che continua a farci pensare di quanto, ancora oggi, c’è bisogno di santità».


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