Convivenza prima del sì Boom anche tra i cattolici
Boom di convivenze tra le coppie cattoliche. All’indomani dell’appello di Capodanno del vescovo di Pordenone, monsignor Giuseppe Pellegrini, che invita le istituzioni e la politica a prendersi più cura delle famiglie, soprattutto quelle numerose, il dipartimento di Scienze ecomomiche dell’Università di Udine pubblica un’indagine compiuta fra i giovani credenti in Friuli.
Hanno da poco superato i 30 anni (31 è la media per le donne e 35 per gli uomini), convivono nel 68 per cento dei casi e hanno un’istruzione medio-alta. Sono 300 le coppie intervistate dagli studiosi dell’università che hanno scelto il matrimonio religioso. Lo studio, curato dal ricercatore Alessio Fornasin, è stato promosso dalla diocesi di Udine per creare un punto di partenza, una via per ripensare il cammino preparatorio al matrimonio. Infatti, appena un giovane su quattro che si prepara al matrimonio religioso si dice cattolico praticante.
Due gli elementi di rilievo: l’alta scolarità delle persone coinvolte, il 41 per cento è laureato, e la maggiore istruzione delle donne, laureate nella metà dei casi (gli uomini si fermano al 32 per cento). Ma il 60 per cento dei fidanzati che punta a un matrimonio in chiesa dice di essere un «praticante saltuario». E c’è pure una quota ridotta di non credenti. Più della metà ha detto di aver partecipato al corso perché è obbligatorio, ma c’è pure chi dopo anni di convivenza sentiva la necessità di dare un’etichetta alla propria unione, ben il 39 per cento.
Delle coppie prese in esame il 68 per cento già convive. Una fotografia che potrebbe essere, in parte, trasferita anche nel Friuli occidentale, dove una ricerca dettagliata in materia non è stata compiuta. Ma, spiega il direttore del settimanale diocesano Il Popolo, don Bruno Cescon, «le unioni prematrimoniali spesso vanno consolidandosi con il matrimonio cristiano oppure si sciolgono». Non ci sono statistiche, aggiunge don Cescon, ma «le convivenze paiono molto instabili».
Chi, da parroco, ha portato molti giovani al matrimonio cristiano è monsignor Vittorio Menaldo, fino a pochi mesi fa alla guida della parrocchia San Giorgio. «In genere – rileva – le unioni terminano nel matrimonio, specie in presenza di un figlio. Perché i genitori si presentano dal parroco per chiedere di battezzarlo. E perché, visto che non sono sposati? Spesso rispondono per fede. Da questa risposta nasce un’amicizia, un dialogo, un cammino che porta al matrimonio. Molto spesso celebrato contestualmente al battesimo».
La convivenza, secondo la statistica, è vista come un banco di prova per il matrimonio. Una prova che dura almeno cinque anni.
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