Comitato delle “lucciole” contro il Comune

«Il Comune di Pordenone ha deciso di non sostenere più la nostra casa alloggio e siamo costretti a chiudere».
Pia Covre e Carla Corso, fondatrici e referenti del Comitato per il diritti civili delle prostitute, lanciano l’allarme: senza l’aiuto del Comune la casa dove sono accolte donne in difficoltà dovrà chiudere e le ospiti finiranno “in strada”. Per questo manifesteranno oggi all’iniziativa promossa dalla Rete Solidale. Ma il Comune replica: «Stiamo cercando di razionalizzare il servizio».
La casa. E’ dal 2004 che il comitato gestisce un appartamento in città con tre posti da destinare a donne in difficoltà, che devono scontare pene alternative al carcere, agli arresti domiciliari, non sanno dove andare o sono vittime di tratta o violenze. «Dal 2004 - hanno spiegato Covre e Corso - c’era una convenzione con il Comune che sosteneva le spese per l’affitto: negli ultimi tre anni ci hanno erogato 30 mila euro. Una cifra bassa rispetto al lavoro fatto». Ogni donna che viene accolta nella casa, spiegano, costa 14,50 euro al giorno all’Ambito assistenziale. «Non è un dormitorio perché per queste donne vengono avviati progetti per il reinserimento sociale grazie al volontariato».
Ci sono stati ospiti che grazie al loro aiuto sono riuscite a rifarsi una vita.
La convenzione. Non è stata rinnovata ed è mancato il contributo essenziale per il mantenimento della casa: il rischio è che diventi «una casa chiusa dal Comune» come recita il cartello che il comitato ha realizzato. «Abbiamo in accoglienza donne abbandonate da questa amministrazione – proseguono Covre e Corso –, che da ottobre 2015 non paga un euro, che si dichiara non interessata ai problemi delle cittadine più povere e svantaggiate prive di un posto dove vivere e dormire. Secondo il Comune dovremo rimetterle in carcere o per strada. Vergogna». Da tre mesi l’associazione non paga l’affitto e il rischio è di ricevere lo sfratto. Oggi in casa ci sono due donne che, in caso di chiusura, non avrebbero alternativa alla strada. «Le più alte figure politiche di questa amministrazione brillano per il loro disinteresse di fronte a una emergenza umanitaria globale e una crisi economica che colpisce duramente centianaia di persone anche a Pordenone, e molte sono donne».
L’archivio. Come conseguenza della chiusura della casa è a rischio anche l’enorme archivio nel comitato, il cui operato ha fatto storia a livello nazionale negli anni ’80 e ’90 per i diritti civili delle prostitute. «Ci sono documenti, libri e altro materiale – ha spiegato Covre – e stiamo cercando una collocazione. Diverse biblioteche hanno risposto all’appello e si sono dette disponibili a fare un sopralluogo per vedere di che materiale si tratta».
La riorganizzazione. Mentre il comitato parteciperà oggi alla manifestazione promossa dalla Rete Solidale “Nessuno deve dormire in strada”, il Comune replica: «La struttura - ha spiegato l’assessore alle Politiche sociali, Vincenzo Romor - fa parte di un sistema in cui ci sono anche altre case. Noi abbiamo intenzione di rivedere il nostro intervento, visto che i soldi sono sempre meno». L’assessore evidenzia che esperienze di questo tipo sono portate avanti anche da altre associazioni: «Non vorremmo fare una cosa puntuale per ognuno, ma organizzare in maniera organica il sistema. Non è una risposta negativa, ma un tentativo di organizzare al meglio gli aiuti».
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