Cividale, spunta Magris al seguito di Microcosmi FOTO

Mittelfest 2013. Successo e tanto pubblico allo spettacolo itinerante del regista Pressburger. Lo scrittore triestino: «È bello vedere una propria opera diventare altro»
Cividale 12 Luglio 2013. Mittelfest 2013. Microcosmi di Magris e Pressburger. Foto Petrussi Foto Press / Petrussi Diego
Cividale 12 Luglio 2013. Mittelfest 2013. Microcosmi di Magris e Pressburger. Foto Petrussi Foto Press / Petrussi Diego

CIVIDALE. Una camminata letteraria da scarpe comode; turistica colta, perlopiú. La malleabile Cividale è generosa con chi la vuol possedere. Volendo, si adatta a rappresentare spazi dal variegato sfondo, dal montanaro nord al marino sud, alla bisogna pure collinare, tirolese, valcellinese, persino isolotti dalmati e il brusio fumoso di un bar che conserva ancora le cadute e le rinascite della Mitteleuropa, con una equilibrata sovrapposizione di passi frettolosi e di favorevoli alla sosta lunga. Diventano concreti i Microcosmi di Claudio Magris; immaginazione, certo.

Cosí è il teatro. Sa togliere dai romanzi il senso. Favorito è lo scrittore triestino nell'aver trovato l'amico Pressburger nel ruolo delicato di traghettatore. «Ci conosciamo da trentacinque anni - spiega il maestro Giorgio - e ci ragioniamo spesso sulla messinscena. Al centro dell'universo scenico non è l'attore, bensí la storia. È lo spettacolo a seguire il libro, non viceversa».

Magris è tra la folla, al fianco di un Mauro Corona col copione sottobraccio. Piú che guardare ascolta con la testa fra le mani. Lui sfoggia un sorriso. «Mi è difficile riassumere sensazioni, è un po' presto», dice con il nostro conforto. «È comunque bello vedere le proprie cose che diventano altro». Manipolazione minima, a parte l'individuare il paragrafo piú musicale, un raffinato taglia e cuci, ecco, piú da ricamatrice che da sarta. D'altronde Pressburger non nasconde una certa praticaccia del suolo cividalese, l'ha calcato in lungo e in largo nei Mittelfest d'esordio.

Bisognava individuare scenografie già pronte, nove per l'esattezza, tanti quanti i capitoli. Ora un triestinissimo caffè San Marco, ora uno sfondo salino per rappresentare Cherso e Lussino, ora ancora le atmosfere piú rudi del Monte Nevoso. C'è tanta sostanza in quelle pagine; in tutti quei percorsi geografici della memoria si raccolgono voci, volti, appartenenze, sangue, vita, ricchezza, povertà, guerra, serenità, dramma. Mondi uno dentro gli altri, che si compensano e si sottraggono. Ci voleva un tracciato complesso per rendere giustizia a uno dei testi sacri del Magris.

Che rivelasse il significato puro di microcosmo, un luogo individuabile, raccolto, dove l'uomo sconosciuto si fa raccontare. Bisognava attrezzarsi, quel minimo. La passeggiata in gruppo prevede tempi inusuali. Un cinque orette senza correre e con comodità. Un teatro itinerante, e non è il primo da queste parti; se ne sono visti alcuni assai intriganti e ancora freschi di echi. Se ne parla, questo vogliamo dire. Il capogita, ovvero l'Autore, ha il timbro rassicurante di Giorgio Lupano, attore vero, nato sul proscenio e poi in libera circolazione cinematografica e televisiva.

Lí raccoglie gloria immediata e il ritornare a casa lo gratifica sempre. Ariella Reggio, Antonio Salines, Paolo Fagiolo sono gli altri fra i tanti griffati di una compagnia ricchissima di umanità varia, professionisti e dilettanti spalla a spalla. Una folla, un migliaio. Pareva davvero lo start di una maratona. Appena si è aperto il grande libro, abbiamo attraversato il ponte del Diavolo. La sosta numero uno è a un passo, in piazza Duomo. I piú furbi col seggiolino nel borsone, vuoi mai una botta di stanchezza. Altri col paninozzo in tasca. Si sfiorerà l'alba, è una prova di resistenza.

Il cielo minacciava, al solito. Con lo scroscio forte non si va in scena. Accidenti. Qualche goccia, nooo. Poi il "neverin" gira su se stesso e se ne va. Sbuca persino un raggio sul San Marco. La carovana ordinata sguscia per le viette longobarde e si ritrova in Valcellina (piazzetta San Biagio). C’è qualche problema coi microfoni. Cammina, cammina ed eccoci in Laguna. «Ci vorrà molto tempo prima che le maree, la pioggia e il vento sfascino quelle barche...», fa scivolare la penna Magris. Il Borgo del Ponte è il "Nevoso", piazza Paolo Diacono la Collina. Il serpentone è compatto, non molla. Si fa il freschetto.

Meglio se ne va quell'umidiccio fastidioso. Ora la metamorfosi spetta a piazza Dante, l'arcipelago. Cherso e Lussino... Raggiungiamo il Tirolo (piazza San Francesco) e poi il Foro Giulio Cesare (il Giardino Pubblico). Il fine corsa è in Duomo. «La chiesa era buia, semivuota, il signor Beniamino accendeva le candele – si legge –. Che vita piena, uguale, profonda».

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