Cent'anni fa le armi, oggi la panchina della pace

L’appello durante l’incontro col leader sloveno a Gorizia. Inaugurata al Monte Santo la “Panchina della pace” a testimonianza dei legami tra Italia e Slovenia 
Italian President Giorgio Napolitano meets Slovenian President Borut Pahor in Nova Gorica inaugurating the 'Peace's Bench', 7 July 2014. ANSA/ANTONIO DI GENNARO/UFFICIO STAMPA QUIRINALE ++ NO SALES, EDITORIAL USE ONLY ++
Italian President Giorgio Napolitano meets Slovenian President Borut Pahor in Nova Gorica inaugurating the 'Peace's Bench', 7 July 2014. ANSA/ANTONIO DI GENNARO/UFFICIO STAMPA QUIRINALE ++ NO SALES, EDITORIAL USE ONLY ++

GORIZIA. La Grande guerra fa da contorno. Da cornice. Da sfondo, uno sfondo cupo: una delle più spaventose vergogne di un’Europa che fatica a diventare Unione, che tentenna e non fa squadra di fronte agli appetiti della finanza, che non sa comunicare, persuadendo sulla validità del progetto i tanti Paesi che hanno aderito al desiderio unitario.

Come ha detto ieri il presidente Napolitano durante l’incontro con il suo collega sloveno Borut Pahor, al Monte Santo (Sveta Gora) dopo il primo incontro che si è tenuto in mattinata nella piazza della Transalpina o piazza Europa che dire si voglia «le frontiere tra Italia, Slovenia e Austria sono state attraversate da eserciti due volte nel corso del Novecento che si sono affrontati addirittura in spaventosi corpo a corpo. Tutto questo appartiene al passato perché insieme siamo una famiglia comune che è quella dell’Europa».

Certo, una famiglia ancora poco coesa se è vero che in questi giorni il premier Renzi ha dovuto affidarsi ai muscoli col partner tedesco, ma anche questo fa parte delle dinamiche “familiari”. Dunque, come dice Napolitano, i veri obiettivi sono il futuro, la speranza. Ma soprattutto, appunto, la progettualità. «Vorrei sottolineare - sono state ancora le parole del Capo dello Stato al Monte Santo dove ha inaugurato la “Panchina della pace” nel centenario della Prima Guerra mondiale che vide Italia e Slovenia su fronti opposti - che siamo qui per una testimonianza e un impegno di pace. La pace non è soltanto l’assenza di guerra ma cooperazione, solidarietà e amicizia».

E proprio per questo, secondo Napolitano, è straordinario, ha fatto notare rivolgendosi direttamente al presidente Pahor, «attraversare le frontiere quasi senza accorgersene; possiamo quindi parlare di ex frontiere. Menti importanti che forse non siamo riusciti a trasmettere ai più giovani. Quelle frontiere nel Novecento sono state attraversate due volte da eserciti che si sono atrocemente combattuti», ma oggi «tutto questo appartiene al passato perchè siamo tutti insieme in una famiglia comune che è quella dell’Unione europea».

Unione europea, quasi due parole d’ordine per il presidente Napolitano. Che subito dopo ha rimpolpato così il suo ragionamento: «Abbiamo attraversato momenti difficili; nessuno come quello che stiamo attraversando negli ultimi sei-sette anni. Sono certo che l’Europa supererà la profonda crisi che l’ha colpita negli ultimi anni e di cui soffrono le nostre economie e le nostre popolazioni».

Insomma, sì ai cambiamenti - sottolinea Napolitano – purchè non ci si metta a discuetre di «unità, valore imprenscindibile della nuova Europa. Oggi – ha aggiunto - poniamo seri problemi di cambiamento e correzione delle politiche e delle istituzioni. Guai a mettere in discussione il principio dell’unità e dell’integrazione». Anche se - è la precisazione d’obbligo - «da quando sono stati firmati i trattati di Roma siamo consapevoli dei limiti e delle insufficienze che ha presentato l’Unione europea».

È stato poi il presidente sloveno, nel suo intervento, a notare che tra lui e il collega Napolitano, pur essendoci due generazioni di differenza, c’è profonda sintonia sui temi della pace e dell’Europa. Ed è stato poi Napolitano, rivolgendosi espressamente alla presidente Serracchiani, a includere anche una terza generazione che condivide profondamente gli stessi valori. Tre generazioni di rappresentanti delle istituzioni uniti dal medesimo impegno per la pace e dalla fiducia nel futuro dell’Europa. «Tre generazioni - ha detto da parte sua la presidente Serracchiani a margine della cerimonia - che non solo condividono lo stesso sforzo per la pace, ma che sono convinte dell’importanza dell’Europa e dell’impossibilità di tornare indietro, anzi».

«Serve però - ha aggiunto ancora la presidente del Friuli Venezia Giulia - un’Europa più politica e più forte. Un’Europa che, come ha detto il presidente Napolitano, sappia cambiare marcia e invertire la rotta e che quindi guardi con più attenzione, come ha recentemente sottolineato il nostro Governo, alla solidarietà e alla crescita».

Da secoli luogo di culto mariano, punto di riferimento per i fedeli di tutto il Goriziano, sia italiano che sloveno, il monte Santo ha segnato - come detto - anche uno dei momenti più tragici della Grande Guerra: fu teatro infatti, dopo la presa di Gorizia, di scontri fra i più aspri di tutto il conflitto.

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