«Cecotti ha tolto peso al Friuli»

Massimo Blasoni: colpa sua il patto con Illy, Udine ritrovi centralità
Massimo Blasoni, 42 anni, imprenditore, co-titolare del gruppo Sereni Orizzonti (18 case di riposo nel Nord Italia, 400 dipendenti e 8 milioni di euro investiti soltanto negli ultimi 4 mesi). Giovane, aderisce alla Dc. A 22 anni apre la sua prima azienda e a 24 alle comunali come outsider ottiene 1423 preferenze, un record vista l'età. Biasurttiano, nel '90 è vicepresidente Iacp. Nel '93 c'è uno storico scontro con Adriano Ioan per una candidatura alle regionali: 13 ore di scontro tra biasuttiani e morotei. Approda tra i primi in Fi, partito per il quale si candida alle comunali del '95: è primo tra gli eletti. Viene travolto da Tangentopoli e si defila dalla politica, da cui rimane ai margini per 7 anni, fino al ritorno in campo per le regionali 2003. Nuovo primo posto nella Cdl in Provincia e in assoluto a Udine. A distanza di anni un giudizio su Tangentopoli, lei che ne è stato coinvolto direttamente e ne è uscito con il patteggiamento. «Il Paese ha vissuto una rivoluzione e, come accadde in quella francese, accanto a giuste istanze vi furono pure eccessi.


Molto spesso le rivoluzioni finiscono per fare vittime anche tra chi le ha promosse». Mi sta dicendo che si sente una vittima? «Sto dicendo che fu travolta un'intera classe dirigente, anche magari quelli come me del movimento giovanile Dc». Pentimenti o rifarebbe tutto? «Rivivessimo 100 volte probabilmente faremmo 100 cose diverse. Io, ad esempio, da bambino sognavo di fare lo scrittore e sono stato a 20 anni regista di un film selezionato al festival internazionale giovanile di Torino. Avrei potuto anche proseguire». Molti la ritengono politicamente spregiudicato. Cosa replica? «Penso di essere uno dei pochi che può dimostrare di fare politica per passione. In azienda mi dicono che sono matto ad occuparmi di politica; io rispondo che agli amori non si dice mai “no”...». Blasoni imprenditore e Blasoni politico. «Credo nel primato della politica e nel privilegio altruistico ed egoistico insieme di fare qualcosa per gli altri, ma anche che in politica ci sarebbe bisogno di più imprenditori». Imprenditori alla Berlusconi o alla Illy? «Tra i due, il più imprenditore mi sembra Berlusconi. Tuttavia, occorrerebbero più esponenti della media impresa, quella che rappresenta la vera intelaiatura economica del Paese». Perché? «E' necessario quel portato positivo presente nella media impresa perché la politica che fu dei Santuz e dei Biasutti incideva molto di più in termini diretti sulla vita economica. Oggigiorno i vincoli europei e l'utilizzo di un modello tutt'altro che keynesiano richiedono una classe dirigente con caratteristiche diverse». Mi faccia un esempio? «Il posto di lavoro non si cerca in Regione o in Provincia.


Il compito della politica diventa la governance di un sistema sempre più globale, il rischio, altrimenti, è la sindrome della mosca cocchiera». Come imprenditore è stato un vantaggio essere anche un politico? «Assolutamente no! Anzi, il sistema economico-bancario sconsiglia di fare politica. Come ho detto prima, agli amori non si dice di no». Blasoni ama più il potere o il denaro? «Più la politica, che ha un senso se fa il bene degli altri». La a sua ultima denuncia dei redditi? «320 mila euro circa» Cos'è la solidarietà? «Un sentimento che nasce soprattutto in famiglia e poi si dispiega nella società». E la povertà? «Una condizione economica o dell'anima. Certo, la prima è da contrastare con strumenti concreti e non con dichiarazioni di principio». Quanto ricco si considera? «Mi creda, non è il denaro che conta. Per Einaudi l'imprenditore è orgoglioso di ampliare le sue sedi e di sviluppare le proprie aziende». Ancora a Biasutti. L'ex presidente della Giunta regionale ha detto che in Friuli c'è una carenza di classe dirigente. Concorda con quest'analisi?


«Potenzialmente no. Senza infingimenti cosa avrebbe fatto il 36enne Santuz senza le preferenze? Credo che non sarebbe arrivato alla Camera. E il mio ex mentore Biasutti come avrebbe fatto a vincere un congresso regionale se non ci fossero state le regole e il voto degli iscritti»? La interrompo. Ma mi sta dicendo che ora, nei partiti, pure in Fi, non ci sono più regole? «Se evitiamo fraintendimenti, perché il nuovo coordinatore regionale Isidoro Gottardo mi va benissimo, oggi è evidente che in Fi vi è un deficit di democrazia». E lo dice così? «Ne ho parlato a lungo anche con Bondi, con cui ho un ottimo rapporto, in un incontro della scorsa estate. Lui stesso proponeva le elezioni quantomeno dei componenti i direttivi regionali del partito. Ma così non è avvenuto». Berlusconi...»? «Berlusconi è stato il grande innovatore del quadro politico italiano, ma allo stesso tempo corre il rischio di vedere ingessata la proposta riformista dentro il suo partito. Sia chiaro, comunque, che lo dice un forzista che resta totalmente convinto». Lei ha parlato di Fi. Ma il deficit della classe politica friulana non dipende anche da altro? «Certamente! A Udine, Cecotti (che tutto sommato stimo) ha delle responsabilità non di second'ordine. Il pactum sceleris è stato l'accordo con Illy. E' vero che Antonione fu il primo presidente triestino, ma la portata di una elezione diretta è ben altra cosa. Se è stato rotto l'equilibrio Udine-Trieste gran parte delle responsabilità ricadono su Cecotti». Cecotti, Illy, dice lei, ma intanto la Cdl di Udine è stata sconfitta alle comunali per tre volte consecutive... «Dice il divino poeta... qui si parrà la tua nobilitade...». Anche nel senso che lei vorrebbe fare il sindaco? «Qualche volta è più divertente, se possibile, essere fra i King makers». Un modo un po' snob per non rispondere... «Non ho l'ambizione di fare il sindaco, ma di collaborare a costruire un progetto per il rilancio del Friuli e di una classe dirigente autenticamente di centrodestra». Perché questo vezzo costante, di fare citazioni? «E' tipico della politica. Si ricorda le convergenze parallele di Moro»? Sì, ma l'impressione è che lei ami ascoltarsi «Sì, per migliorare». Chi crede sarà il successore di Cecotti? «Udine, nel passato, marcava anche attraverso un sindaco espressione delle professioni liberali, una certa diversità rispetto all'hinterland. La città godeva allora di una doppia condizione fortunata: da un lato la consonanza politica tra vertice regionale e cittadino, che garantiva risorse. Dall'altro una finanza pubblica in generale con assai più larghe disponibilità rispetto ad oggi». Detto questo? «Credo che oggi non serva un notaio di quella centralità cittadina. Udine anzi ha finito per subire l'hinterland. Serve un sindaco capace di interpretare il rilancio, di cercare risorse, di rompere schemi, di fare diventare Udine baricentrica. Insomma, se non fosse uno slogan di sinistra direi: un po' di fantasia al potere». Torniamo ai papabili primi cittadini «Se ha il coraggio di scriverlo esiste una connessione politico-mediatica che non rende facile a una città in maggioranza di centrodestra esprimere un suo primo cittadino». Teoria del complotto mediatico a parte? «Stiamo lavorando per vincere. E' chiaro che se non ce la dovessimo fare anche nel mio piccolo sentirei il diritto-dovere di lasciare la responsabilità cittadina di Fi». E' una promessa? «Certamente»! Il complotto mediatico pare tanto un alibi: ma ci sono state stagioni mediatiche favorevoli a voi...? «Rispondo della presente e non credo al complotto, ma al particulare guicciardiniano». Lei dice che il sindaco dovrà essere scelto a Udine. A chi parla e perché? «Ho già detto che bisogna democratizzare la politica per selezionare la nuova classe dirigente. Questo si tradisce anche nella richiesta del rispetto dei territori, ma in Fi credo che questo ci sia». «Si riferisce a Saro quando parla di questo»? «No, stimo Ferruccio, ma il problema - come gli ho detto di recente - non è vincere a qualunque costo, ma vincere con il Centrodestra». Di chi e di che cosa ha bisogno Udine? E non mi dica di Blasoni... «Che la politica ritorni a fare il proprio mestiere e cioè a scegliere. Il sindaco non deve essere visibile ma capace di un progetto».

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