C’è tensione dopo l’attacco agli uomini del “Tolmezzo”. Ora la sorveglianza è al massimo

Colpi di mortaio nella valle in cui operano le nostre truppe ma sono diretti contro una postazione americana
BALA MURGHAB.
La giornata al campo della Task Force Nord comincia alle 6.45 quando un C130 dell’Aeronautica militare italiana sgancia il carico all’esterno. L’“air drop” è uno dei sistemi di rifornimento viveri e per il carburante. Con il paracadute scendono infatti enormi pacchi contenenti le “razioni kappa” e altri contenitori con quattro fusti ciascuno di gasolio.




Poco dopo, mentre vado alla mensa per la colazione (preparata dai cuochi Usa) incontro due degli alpini coinvolti nell’attentato di domenica. Uno lamenta dolori alle ginocchia e l’altro ha il labbro gonfio per una botta rimediata nello scoppio.


È stato accertato che l’esplosione è stata provocata da una granata posta a fil di strada, e fatta esplodere da un talebano che era nascosto in un’abitazione dietro a una moschea. L’episodio è già quasi dimenticato, non fosse che i telegiornali nazionali (c’è la parabola satellitare) aprono le prime edizioni con le notizie provenienti dal nostro contingente impegnato in Afghanistan.


Poco più tardi è il comandate della Task Force Nord, colonnello Andrea Piovera, a informarmi che nelle prime ore del pomeriggio avrò la possibilità di salire su un Vtlm Lince e arrivare fino al Cop Sigma, in pratica il posto di osservazione più a sud della “bolla di sicurezza”. È previsto il cambio del personale.


Alle 13.45, indossando il giubbotto antiproiettile e l’elmetto, arrivo al punto di ritrovo per il briefing. Il mio equipaggio è tutto friulano: ci sono il mio “angelo custode” il sergente Andrea Dreassi, il caporal maggiore Michele Vuerich, a guidare ci sarà Paolo Krakar di Pontebba, mentre sulla ralla sale Alberto Urli, un 2 metri e due centimetri di Codroipo. Tutti ascoltiamo il tenente Maccanti che è il patrol leader. Conferma che ci saranno cinque Lince e il mio è quello in centro.


Tra le informazioni fornite ci sono quelle sul percorso che andremo a seguire: una strada che non viene battuta dai mezzi militari da circa quattro giorni, e poiché ci sono state le festività di mezzo c’è stato tutto il tempo per gli insurgens per sistemare qualche ordigno.


L’attenzione deve essere massima. Nella mitraglia Mg viene inserito il nastro del caricatore del proiettili si chiude la porta (220 chili) e si parte. L’emozione è forte, per me, mentre gli alpini sono all’erta e molto vigili. Grandi professionisti. Mi sembra di vivere un film, invece è tutto vero.


Quando arriviamo fuori dall’abitato di Bala Murghab vicino a un gruppetto di casupole fatte di fango e paglia, arriva l’ordine di bloccarsi e dal Lince davanti a noi scendono due alpini, per una verifica di una situazione sospetta. Ma è un falso allarme e si riparte.


Un viaggio di oltre un’ora e siamo al Cop Sigma, sulla sommità di una collina. La sabbia è sottilissima (non piove da quasi un mese) e basta camminare per sollevare un polverone, che penetra ovunque. Eppure qui sono rimasti per 18 giorni e altrettante notti in una ventina d alpini. Un lavoro massacrante, il loro. Hanno scavato trincee, hanno realizzato i dormitori, e altre postazioni. È Vuerich, il pontebbano, a farmi notare l’incredibile lavoro realizzato dai tiratori scelti, che hanno scavato una postazione che ha dell’incredibile: sembra di essere sul Pal Piccolo all’interno di una trincea scavata per la Grande Guerra. Mentre gli altri completano le operazioni di carico e scarico, il maresciallo Stefano Gagliardi racconta come si svolge il lavoro in un Cop. Intanto avviene il cambio degli uomini. Si scaricano generi alimentari, munizioni e i bagagli e si riparte. Il viaggio di ritorno fila liscio.


Lungo la strada ci sono due afghani sospetti: stanno scavando a bordo della strada e hanno una grossa tanica. Il convoglio si ferma e si scattano alcune foto per poi portarle agli analisti. Poi il rientro nella base dopo oltre tre ore e mezza di uscita.


Neanche il tempo di andare a ripulirsi dalla polvere i mortai cominciano a sparare: è stato attaccato un Cop americano dall’altra parte della vallata proprio di fronte al Sima. Ma sono solo alcuni colpi di avvertimento e tutto rientra nella normalità.

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