Caso Danieli, frode fiscale: ecco chi sono i dirigenti indagati

UDINE. Tanto più grosso è il pesce arpionato, quanto maggiore è l’effetto della sua cattura. È stato così anche per la notizia di mercoledì delle sette richieste di rinvio a giudizio per frode fiscale avanzate dalla Procura di Udine nei confronti del presidente Giampietro Benedetti e di sei dirigenti del “Gruppo Danieli” di Buttrio. Lo tsunami giudiziario abbattutosi sull’azienda, leader mondiale nella produzione di impianti siderurgici, non è rimasto confinato al territorio regionale. Al prevedibile polverone locale, peraltro non privo di commenti di solidarietà e apprezzamento verso Danieli per la ricchezza e il lavoro portati al territorio, non hanno tardato ad aggiungersi ripercussioni negative in Borsa. Diretta conseguenza, stando ai rumors interni al gruppo, della strada imboccata dall’inchiesta.
I nomi degli indagati
I manager finiti nei guai, insieme a Benedetti, sono Alessandro Brussi, direttore amministrativo, Enzo Ruscio, vice presidente del Cda e direttore commerciale, Zeno Bozzola, procuratore speciale della Acciaierie Bertoli Safau spa, Alessandro Trivillin, procuratore speciale della Acciaierie Bertoli Safau spa, Carla De Colle, rappresentante legale di Acciaierie Bertoli Safau spa, ed Ezio Bianchi, amministratore di diritto della Danfin international Sa (fino al 30 giugno 2005). Tutti gli indagati sono difesi dall'avvocato Maurizio Miculan.
A Piazza Affari segno meno
La giornata di giovedì, per Danieli, si è dunque chiusa con segno meno. In netta controtendenza con Piazza Affari, dunque, che alle 17 ha registrato un rialzo del +1,04 per cento. Stando alle ultime quotazioni, il titolo Danieli & C officine meccaniche spa è sceso fino a -1,84 per cento e le risparmio della stessa Danieli fino a -2,81 per cento. Le fluttuazioni registrate nel corso del trading di ieri, tuttavia, hanno toccato punti negativi anche più elevati. In serata, come previsto in presenza di notizie di rilievo penale, il gruppo friulano ha predisposto la comunicazione del caso alla Consob, la Commissione nazionale per le società e la Borsa tenuta appunto a tutelare il pubblico risparmio e a garantire la stabilità del mercato.
Le accuse della Procura
Il procuratore facente funzioni Raffaele Tito ha contestato al presidente e ai suoi manager tre fattispecie di reato fiscale, per una frode fiscale calcolata complessivamente in circa 281 milioni di euro e un’evasione delle imposte pari a qualcosa come 80 milioni. La fetta più grossa della somma che le indagini del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Udine ritiene essere stata movimentata all’insaputa del Fisco si riferisce all’ipotesi dell’esterovestizione. Nel mirino, tre società con sede formale nel “paradiso fiscale” del Lussemburgo, ma di fatto gestite dal quartier generale di Buttrio.
Escamotage, questo, che avrebbe permesso al Gruppo di omettere la presentazione delle dichiarazioni dei redditi dal 2004 al 2013. L’altro meccanismo cui Danieli avrebbe fatto ricorso per dribblare l’Erario è un giro «vorticoso, ma fittizio» di operazioni societarie e finanziarie intragruppo, capace di creare interessi passivi e conseguenti vantaggi fiscali alla holding. Dalla montagna di documenti sequestrati in oltre due anni di indagini, infine, sarebbe emersa l’esistenza di “fondi occulti”, per elargizioni a soggetti esteri e creati attraverso false fatture a una società degli Emirati Arabi Uniti.
La nota del Gruppo
«Siamo sereni nel ritenere di avere agito nel pieno rispetto delle normative nazionali in materia – è stata l’unica risposta diffusa finora dal Gruppo Danieli, attraverso una nota alla stampa – e dimostreremo l’infondatezza di quanto contestato nelle sedi competenti». Neppure ieri gli indagati hanno inteso affidare ai legali che li assistono nel procedimento alcuna ulteriore argomentazione difensiva.
La maxi evasione del principe
Dall’inchiesta, intanto, è sparito l’ulteriore filone investigativo che, nel 2013, era scaturito proprio dalle perquisizioni eseguite a più riprese negli uffici di Buttrio e al quale era stata data evidenza pubblica esattamente un anno fa. Sotto la lente della Procura era finito il principe libanese Omar Bassam Salamé, intermediario commerciale internazionale e consulente di Danieli per le commesse in Medio Oriente. Era stato proprio seguendo il pagamento delle fatture milionarie dell’azienda friulana, che le Fiamme gialle avevano scoperto un’evasione da 16 milioni di euro. Salamè era stato indagato per omessa dichiarazione. Il fascicolo è stato stralciato e, a quanto appreso, non è ancora stato chiuso.
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