Cardiologia, ricorso di Cassin inammissibile

Il Tar non è competente a decidere sul ricorso presentato da Matteo Cassin sull’incarico di primario del reparto di cardiologia dell’ospedale di Pordenone. Così hanno deciso i giudici triestini, rimandando la questione al giudice del lavoro.
Al centro della controversia il concorso con il quale, nei mesi scorsi, è stato individuato il successore di Gianluigi Nicolosi alla guida del reparto. La commissione aveva assegnato il massimo punteggio al dottor Guglielmo Bernardi, nominato poi con decreto dal direttore generale. Al secondo posto Cassin che, dal pensionamento di Nicolosi, aveva ricoperto l’incarico di primario facente funzioni. Contro la decisione del direttore generale, Cassin aveva inviato una lettera di contestazioni al direttore generale, che erano state respinte.
Di qui un ricorso al Tar chiedendo l’annullamento di decreto di nomina, verbale della commissione e risposta alla lettera di contestazioni e avanzando richiesta di danni patrimoniali e non patrimoniali subiti. Si contestava l’illegittimità «per violazione e falsa applicazione di diverse disposizioni di legge e principi di diritto e eccesso di potere sotto plurimi profili».
I giudici amministrativi, però, hanno rimandato ad altro organo della giustizia l’eventuale decisione. Il difetto di giurisdizione era stato già eccepito dall’Aas 5 che, nel merito, aveva contestato la fondatezza delle scelte.
Secondo il Tar, nonostante debba esserci una selezione, l’atto di conferimento dell’incarico di direttore di una struttura complessa è espressione di una scelta di tipo fiduciario «ancorché – spiegano i giudici – all’esito di una procedura atta a garantire le condizioni di un trasparente ed imparziale esercizio dell’attività amministrativa, in applicazione dei principi fissati dalla Costituzione». La procedura di carattere valutativo prevista prima della nomina «assolve, infatti, unicamente all’esigenza di porre un freno al malcostume che, negli ultimi decenni, ha caratterizzato il conferimento di tali prestigiosi, ambiti e ben remunerati incarichi, che, troppo spesso, hanno seguito logiche di “appartenenza correntizia” piuttosto che di reale merito».
La decisione, quindi, spetta al direttore generale anche se presa tra i soli candidati, sulla base della selezione, ritenuti idonei a ricoprire l’incarico. Quindi in nessun caso si può parlare di concorso o formazione di una graduatoria. Parola, dunque, al giudice del lavoro, dove la causa potrà proseguire mediante riassunzione. ©RIPRODUZIONE RISERVATA
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