Canin ecco il "prima" e "dopo": così il ghiacciaio si è sciolto e in vetta è caldo record

Il ghiacciaio del Canin, foto alla mano, è ormai quasi un ricordo. Gli altri ghiacciai delle Alpi sono avviati sulla stessa strada. Quello della Marmolada, iconico, imponente, spettacolare, potrebbe non esistere più fra trent’anni. I ghiacciai delle Alpi, così come tutti i ghiacciai importanti a livello regionale, ovvero che insistono sui territori locali, come anche per esempio quelli del Perù o del Cile, si stanno riducendo a una velocità impressionante. Ma anche le calotte polari di Antartide e Groenlandia stanno fondendo con importanti conseguenze.
1885-2019: ECCO COME È CAMBIATO IL CANIN
(per la visualizzazione del prima e dopo basta scorrere a destra e sinistra puntando sul cursore a "tendina" al centro della foto)
È un tema forte, una questione importante, un argomento dal quale non si può prescindere. Il riscaldamento delle temperature atmosferiche e oceaniche sta coinvolgendo la nostra vita, il nostro ambiente, la natura che ci circonda, quella nella quale viviamo e lavoriamo, in un modo che ci impone di fermarci e riflettere. La situazione dei ghiacciai è un indicatore importante, come vedremo.
Siamo giunti a un punto di non ritorno? Possiamo fermarci e invertire la rotta? E se sì, ce la faremo? Vediamo cosa sta succedendo. All’inizio di febbraio sono stati resi noti i dati della stazione meteorologica del Canin gestita dall’Unione meteorologica del Friuli Venezia Giulia (Umfvg) in collaborazione con il Parco naturale delle Prealpi Giulie e il Gruppo di ricerca in clima e paloclima del Cnr-Ismar.
Pensate che, per il sito remoto, la stazione non permette la trasmissione dati telematica e quindi l’unico sistema per ottenere i dati è quello di raggiungere il sito a piedi superando i vasti tratti ripidi e innevati con l’ausilio di ramponi e piccozza dal rifugio Gilberti Soravito fino a Sella Ursic e al Foran del Mus a quota 2.200 metri. Ebbene, secondo questi dati, raccolti il primo gennaio 2020, il 2019 è stato il secondo anno più caldo per le temperature medie degli ultimi 168 anni, ovvero da quando esistono i sistemi di rilevazione. Il più caldo era stato il 2015.
I dieci anni più caldi di sempre si sono tutti verificati entro gli ultimi vent’anni, ovvero nel nuovo secolo. Il mese di giugno 2019 è risultato il più caldo dal 1851 con oltre 11°C (6 gradi sopra la media). Ma tutte le stagioni dello scorso anno registrano anomalie di segno positivo rispetto alle medie di lungo periodo. L’estate 2019 è seconda solamente all’estrema estate del 2003, la quale era stata la più calda mai osservata da quanto esistono le rilevazioni meteorologiche in Europa, cioè almeno dalla metà del 1600.
Questo significa che il riscaldamento delle temperature sta procedendo a un ritmo galoppante. E tutti ne paghiamo le conseguenze. Ghiacciai compresi Ma a cosa servono i ghiacciai? Quelli cosiddetti regionali, ovvero quelli alpini, come il Canin e la Marmolada, sono importanti come serbatoi di acqua dolce. Per esempio, il 30 per cento dell’acqua del Po, il più grande fiume italiano, proviene dal disgelo.
Dunque, senza la fusione dei ghiacci nei mesi caldi, molti fiumi rimarrebbero in secca. Quanto ai ghiacciai polari, essi contribuiscono a regolamentare le correnti oceaniche e influenzano il livello del mare. Se la loro fusione avviene in maniera graduale, ci sarebbe il tempo per adattarsi. Ma se intere masse dovessero collassare improvvisamente – come succederebbe se si forzasse ulteriormente il riscaldamento globale – il livello delle acque marine potrebbe innalzarsi di svariati metri in pochi decenni. E di questo, dicono gli studiosi, c’è evidenza in epoche lontane, cioè è già successo. Un accadimento di questa portata significherebbe mettere in crisi intere economie, oltre che causare una catastrofe.
Nessuno vuole che succeda e di certo tutte le politiche sembrano oggi dirigersi verso il contrasto all’inquinamento e dunque a fermare il riscaldamento globale. Il più importante è il Green New Deal lanciato dall’Unione Europea, che punta ad azzerare l’impatto delle emissioni entro il 2050. Quanto i singoli Stati seguiranno gli stringenti principi enunciati dalla Commissione Ue è però tutto da verificare.
E per i ghiacciai c’è davvero poco tempo, stando alla situazione denunciata da tutti gli studiosi che lavorano sul campo. E l’eloquenza delle immagini dei nostri ghiacciai alpini non può lasciarci indifferenti.
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