Bullismo tra i banchi: indagata l’ex preside

Il fascicolo aperto dalla Procura di Pordenone a seguito del tentato suicidio di una dodicenne del Pordenonese, vittima dei bulli in classe, non è più a carico dei ignoti. Sul registro degli indagati ora c’è un nome. È quello dell’ex dirigente Stefania Mamprin, trasferita in altro istituto dal primo settembre. L’ipotesi di reato è concorso omissivo in atti persecutori.
L’inchiesta, coordinata dal pm Monica Carraturo, non è ancora conclusa. L’avvocato della preside Giancarlo Zannier chiederà l’archiviazione. «Si stanno valutando posizioni specifiche – è prudente il procuratore capo Marco Martani –. L’ipotesi di reato in esame riguarda chi, avendo il dovere giuridico di intervenire per impedire una condotta, non lo fa. Si tratta evidentemente di soggetti che avevano una posizione di garanzia nei confronti della vittima. La scuola ha il compito di tutelare gli alunni dalle intemperanze, soprattutto se si ripetono e se si trasformano in atti persecutori. Al di là delle responsabilità penali dei singoli, c’è un problema di sistema, che non tutela i soggetti più fragili».
Il 18 gennaio è stato uno spartiacque. Il disagio espresso dalla dodicenne, che si è gettata quella mattina dal balcone della sua cameretta per sfuggire alle persecuzioni subite da due compagni di classe, è stato, secondo l’avvocato Graziella Cantiello, che assiste la famiglia della vittima, «la punta di un iceberg», che ha fatto uscire allo scoperto, con un gesto eclatante, un «problema preesistente, diffuso e non legato a una singola fragilità».
Che cosa si aspetta ora la famiglia della dodicenne? «Non vogliono un capro espiatorio – osserva l’avvocato Cantiello –, ma ritengono che la ricerca delle responsabilità non possa essere limitata soltanto al comportamento omissivo della dirigente, ma che vadano valutate ulteriori responsabilità diffuse, in capo alle famiglie che non hanno controllato i loro figli, ai dirigenti superiori, ad alcuni insegnanti. Il fatto che dopo mesi di sofferenza vi sia un’iscrizione nel registro degli indagati, senza voler demonizzare la preside, rappresenta un sollievo per la famiglia che chiede, però, la ricerca di una verità approfondita. Ci risulta che altre famiglie della scuola si siano adoperate per far emergere gli episodi di bullismo e che quella classe sia stata interessata dal fenomeno da diverso tempo».
L’auspicio della famiglia è che l’opera di sensibilizzazione in atto «possa scongiurare il ripetersi di episodi analoghi. Il problema del bullismo – conclude l’avvocato Cantiello – dovrebbe essere radicalmente affrontato sotto molti punti di vista: psicologico, giuridico, educativo».
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