Bruciò una villa a Fontanafredda, la pena raddoppiata in appello
FONTANAFREDDA
Mano pesante della Corte d’appello di Trieste al processo di secondo grado legato all’incendio che il 24 novembre 2004 semidistrusse, a Fontanafredda, la villa della famiglia Sfreddo. Ad appellarsi, contro la sentenza di primo grado, erano stati il pubblico ministero e la difesa di uno dei due imputati (l’altro era stato assolto).
Il 25 marzo 2010 il giudice monocratico del tribunale di Pordenone Roberta Bolzoni aveva assolto per non avere commesso il fatto il 34enne di Gaiarine Morris Pessotto, difeso dall’avvocato Antonino Di Pietro. Il giudice aveva invece condannato a due anni e 8 mesi di reclusione (pena indultata) l’imprenditore di Pieve di Soligo Fabrizio Lucchetta, 44 anni, assistito dall’avvocato Luca Fadalti. Quanto alle accuse originarie - incendio doloso e tentata estorsione - erano state derubricate in quelle, meno gravi, di danneggiamento seguito da incendio ed esercizio arbitrario delle proprie ragioni.
La procura (che per Lucchetta in primo grado aveva chiesto la condanna a 5 anni) aveva presentato appello così come la difesa dello stesso Lucchetta.
L’altro giorno si è pronunciata la seconda sezione della Corte d’appello di Trieste (presidente Pier Valerio Reinotti): per Morris Pessotto i giudici di secondo grado hanno confermato l’assoluzione. Riformata, invece, la sentenza pronunciata in primo grado nei confronti di Fabrizio Lucchetta, che la Corte d’appello ha condannato a 4 anni di reclusione, oltre al risarcimento di 1.300 euro alla parte civile. Saranno le motivazioni a indicare il perché di questo appesantimento di pena.
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