Bimba morta, un’anestesista patteggia

Aveva gestito la prima fase della sedazione di Elivia Prandi dopo l’intervento. L’altra collega si difenderà in dibattimento

AVIANO. Un patteggiamento (a un anno e 6 mesi, pena sospesa) e un rinvio a giudizio. Si è conclusa così, ieri mattina, davanti al giudice Roberta Bolzoni, l’udienza preliminare nell’ambito del procedimento giudiziario per l'ipotesi di reato di omicidio colposo legato alla morte della bimba avianese Elivia Prendi.

Era deceduta all'ospedale Santa Maria degli Angeli di Pordenone a due anni e mezzo, il 15 febbraio 2014.

Imputate erano le anestesiste Rosanna Varutti, di Udine, difesa dall’avvocato Tiziana Odorico, e Valeria Dato, azzanese, difesa dall’avvocato Aurora d’Agostino.

Elivia era stata ricoverata il 13 febbraio per essere sottoposta, la mattina successiva, a un intervento chirurgico (anestesia indotta con il farmaco Propofol) che era riuscito senza complicanze. Nella fase post operatoria, durante le ore di degenza al reparto di terapia intensiva, era stata sottoposta a sedazione con lo stesso farmaco (il Propofol): la dottoressa Varutti, in servizio fino alle 20 del 14 febbraio, aveva stabilito il dosaggio.

In seguito la dottoressa Dato aveva proseguito nella somministrazione del farmaco con lo stesso dosaggio. Dopo le 23 del 14 febbraio si erano manifestati segni di ipersedazione e il medico aveva disposto la sospensione della sedazione e poi un dosaggio inferiore. Secondo la ricostruzione accusatoria, alle 5.20, al manifestarsi di bradiaritimia, i sanitari avevano proceduto all’esecuzione di indagini di laboratorio rilevando un quadro di compromissione irreversibile.

Alle 7.42 del 15 febbraio il decesso per insufficienza cardiocircolatoria acuta terminale.

La tesi accusatoria è che a causare l'irreversibile peggioramento sia stato l'utilizzo del Propofol in dose eccessiva per l’uso pediatrico. «Il patteggiamento (applicazione della pena concordata con il pm Maria Grazia Zaina ndr) è stato una scelta esclusivamente processuale, senza alcuna ammissione di responsabilità – ha spiegato l’avvocato Odorico –. In questa vicenda, oltre al dolore dei familiari che comprendiamo appieno, ci sono anche dei medici che sono stati profondamente toccati dall’accaduto.

La dottoressa Varutti ha preferito evitare di protrarre questo logorio, optando per il patteggiamento piuttosto che un lungo processo dibattimentale». Secondo la ricostruzione difensiva c’era la necessità di mantenere sedata la bimba nella fase post operatoria per evitare che movimenti imprevedibili pregiudicassero l’esito dell’intervento.

La sedazione serviva anche a evitare il rischio di soffocamento (era stata operata alla lingua ed era intubata). Secondo quanto rimarca la difesa, nel pomeriggio del 14 febbraio non erano emersi segnali di reazioni anomale e il dosaggio del farmaco nelle prime ore della fase post operatoria era da ritenersi congruo.

La dottoressa Dato si difenderà invece in dibattimento.

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