Bando per affittare l’attico dopo la confisca alla mafia

UDINE. Sarà affittato l’attico di palazzo Moretti confiscato per associazione mafiosa nel luglio 2008 all’imprenditore Luciano De Sario, morto nell’ottobre del medesimo anno.
A stabilirlo è stata l’amministrazione comunale entrata in possesso del bene nell’aprile del 2010 per effetto della legge antimafia con una spesa di circa 95 mila euro (trascrizione ipotecaria e catastale nonché lo svincolo dei gravami incombenti sul cespite) a fronte di un valore reale di alcune centinaia di migliaia di euro. Da ieri, sul sito del Comune è consultabile il bando per la presentazione di manifestazioni di interesse. Il canone di locazione dell’attico, dieci vani per un totale di 246 metri quadrati cui si sommano due terrazze (76 metri quadrati), una cantina e un’autorimessa doppia, è fissato in 2.520 euro al mese più le spese condominiali. Il denaro sarà interamente reinvestito nel sociale così come prevede la legge.
«In un primo momento avevamo pensato di destinarlo alla collettività perché sembrava non fosse possibile affittarlo – ha spiegato l’assessore alla Pianificazione territoriale Maria Grazia Santoro –. La situazione poi si è sbloccata e, soprattutto in questo momento di necessità economica, è sembrata ovvia la scelta della locazione con il reinvestimento di tutti i proventi in attività sociali. Dalla pubblicazione del bando saranno 30 i giorni di tempo per le manifestazioni di interesse. E se il bando dovesse andare deserto, l’appartamento sarà destinato a fini istituzionali, in accordo con la legge e il regolamento del condominio».
L’intera vicenda che ruota attorno all’attico di piazzale Osoppo prende le mosse nel 1999, quando l’imprenditore udinese Luciano De Sario fu arrestato proprio nell’appartamento di palazzo Moretti con l’accusa di traffico internazionale di droga. L’uomo era titolare di una ditta che si occupava dell’importazione ed esportazione di macchine da lavoro tra Italia e Sudamerica.
Da tempo era sospettato di avere avviato una fitta rete di relazioni con narcotrafficanti colombiani. Ma, grazie a pedinamenti e intercettazioni, era emerso che per conto dei “cartelli colombiani” provvedeva a importare ingenti quantitativi di cocaina nascosta all’interno dei basamenti delle macchine da lavoro.
Un miliardo 771 milioni di lire erano stati poi recuperati dagli investigatori in un suo magazzino di Lauzacco, ma anche preziosi tappeti iraniani in seta e oro zecchino, raffinati mobili in legno pregiato dell’Ottocento, argenti, porcellane, centinaia di pietre preziose tra cui un diamante da otto carati stimato 55 mila euro, raffinata gioielleria, quadri, monete d’oro e orologi.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto