Bancarotta Alpi Eagles chiesti 4 anni e 6 mesi per un avvocato
C’è anche l’avvocato trevigiano Stefano Campoccia, vicepresidente dell’Udinese calcio, tra gli imputati chiamati a rispondere del presunto crac seguito al fallimento delle linee aeree “Alpi Eagles spa”, nel processo in corso davanti al tribunale collegiale di Venezia. La discussione è cominciata la settimana scorsa e proseguirà il 4 aprile, mentre per la sentenza bisognerà attendere l’udienza dell’11, quando il presidente Stefano Manduzio e i giudici a latere Fabio Moretti e Claudia Ardita hanno previsto di ritirarsi in camera di consiglio. Sempre che le eventuali repliche non comportino un ulteriore rinvio.
«Le operazioni compiute e avvallate hanno concorso ad aggravare il dissesto di Alpi Eagles, protraendo la vita della società che non era in grado di fare fronte agli obblighi, concorrendo ad aumentarne l’esposizione economico-finanziaria». Così la pm Laura Cameli aveva concluso la requisitoria, ribadendo le ipotesi di reato di bancarotta fraudolenta e false comunicazioni sociali contestate e chiedendo condanne per cinque dei sei imputati rimasti a processo, dopo la morte, nel settembre 2017, di Paolo Sinigaglia, fondatore della Simod e allora presidente e amministratore delegato della società.
Le pene più alte, indicate in 6 anni e 6 mesi di reclusione l’uno, sono quelle proposte per i commercialisti Raffaele Trolese, di Piove di Sacco, e Renzo Menegazzi, di Venezia, rispettivamente presidente e componente del collegio sindacale. A seguire, i 5 anni chiesti per Valerio Simonato, ragioniere di San Donà, pure sindaco, i 4 anni e 6 mesi per l’avvocato Campoccia e i 4 anni per l’imprenditore calzaturiero Pier Luigi Pittarello, di Padova, entrambi coinvolti in qualità di consiglieri di amministrazione. Per il terzo consigliere, Agnese Donatella Sartore, compagna di Sinigallia, la Procura ha invece derubricato il reato e chiesto il non doversi procedere per prescrizione.
Il fallimento fu dichiarato nel maggio 2011, dopo due anni di amministrazione straordinaria con un passivo di 60 milioni di euro (il curatore fallimentare si è costituito parte civile con l’avvocato Carlo Stradiotto). In tesi accusatoria, i consiglieri avrebbero dissimulato la situazione di dissesto e, a causa di operazioni a rischio, causato il default, mentre il collegio sindacale avrebbe omesso di segnalare la scorrettezza delle operazioni di bilancio decise dal Cda dal 2006 in poi. Tutti, infine, avrebbe evitato di fornire informazioni corrette sulla reale situazione patrimoniale e finanziaria ai soci.
Una ricostruzione fermamente respinta dagli avvocati Luca Ponti e Andrea Franchin, che difendono Campoccia e che hanno discusso la settimana scorsa, concludendo per l’assoluzione piena del collega. «Sotto il profilo oggettivo, il reato non c’è», hanno argomentato i legali, per un verso escludendo «la possibilità tecnica di falsificare qualsivoglia voce del bilancio, visto che la redazione degli stessi aveva sempre seguito gli stessi criteri e modalità, peraltro oggetto di revisione contabile nel 2001», e per l’altro evidenziando «l’assenza di prove che tali valutazioni abbiano portato al dissesto». Non meno significativo, a parere della difesa, il fatto che Campoccia fosse amministratore senza delega. «Non partecipava alla predisposizione del bilancio, limitandosi a valutare se la società andava bene». Perchè a decidere e sovrintendere a tutto sarebbe stato Sinigaglia. «Un presidente – lo hanno definito – plenipotenziario». —
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