Bambina di sette anni annegò nella piscina, tre condanne

Pene da dieci a 14 mesi per i vertici di un circolo privato di San Mauro di Premariacco. Il fatto risale al 10 luglio 2011

UDINE. Alla fine, a rispondere per la morte di Aurora Vulcano, la bambina di 7 anni colta da arresto cardio circolatorio mentre si trovava nella piscina di San Mauro di Premariacco, il 10 luglio 2011, sono stati i responsabili dell’Associazione sportiva dilettantistica “W la”.

Bambina annega giocando in piscina
San Mauro 10 Luglio 2011 annegamento Copyright PFp

La condanna è stata inflitta dal giudice monocratico del tribunale di Udine, Carlotta Silva: 1 anno e 2 mesi l’uno a Moreno Saccavini e Andrea Pontiotti, rispettivamente presidente e vice, e 10 mesi ad Andrea Saccavini, segretario, tutti con il beneficio della sospensione condizionale della pena.

Pienamente soddisfatte le richieste dell’avvocato Carlotta Campeis, con cui la famiglia di Aurora si era costituita parte civile: rinviata ad altra sede la quantificazione del danno, il giudice ha riconosciuto 100 mila euro di provvisionale ciascuno al padre, Valentino Maria Vulcano, e alla madre, Silvana Petricig, e 30 mila euro al fratello, Cristiano Maria.

«Questa pronuncia è molto importante prima di tutto sotto l’aspetto umano – commenta l’avvocato Campeis –. Sotto il profilo giuridico, la sentenza segna un importante traguardo in quanto, in forza delle norme già vigenti, riconosce la responsabilità dei gestori della piscina, anche se formalmente qualificata come “circolo privato”.

Bimba di sette anni annegata in piscina, in tre a giudizio
San Mauro 10 Luglio 2011 annegamento Copyright PFp

Nel corso del processo – continua – è emerso come un servizio di salvataggio avrebbe evitato il tragico evento, vigilando sulla bimba ancor prima del suo ingresso in acqua. Esito, questo, di un lungo percorso, che ha fatto chiarezza sui plurimi temi messi in discussione, sino alla fine, anche dall’accusa».

A portare il caso davanti al giudice, non a caso, era stata l’imputazione coatta disposta dal gip nell’agosto 2014. Le alterne vicende del fascicolo erano cominciate con l’iscrizione sul registro degli indagati e con la successiva richiesta di archiviazione, da parte dello stesso pm Viviana Del Tedesco, per loro tre e per alcuni amministratori comunali.

Il padre della piccola si era opposto all’istanza e, cinque mesi dopo, si era ritrovato indagato a propria volta (insieme agli altri), per iniziativa del gip, che aveva chiesto di valutarne la posizione, avendo permesso alla figlia di fare il bagno dopo che aveva mangiato.

La parola fine all’incubo della famiglia era arrivata dall’esame delle due perizie medico-legale e di tecniche del salvataggio chieste dai Vulcano. Esclusa una responsabilità del genitore, il gip aveva mandato avanti le carte per i responsabili del “W la” e altrettanto aveva fatto il gup, di lì a tre mesi, rinviandoli a giudizio.

Coerente con le conclusioni cui era pervenuta alla fine delle indagini preliminari, la pm aveva invece continuato a chiedere il proscioglimento dei tre imputati, sostenendo la tesi della fatalità e dell’assenza di colpa in capo ai responsabili dell’impianto.

Assoluzione, va da sè, anche la richiesta formulata dal difensore, avvocato Guglielmo Pelizzo, soprattutto alla luce della perizia medica depositata da uno dei ctu nominati in sede d’incidente probatorio, Cristina Furioso. «La causa esatta della morte – ricorda l’avvocato Pelizzo – non è stata stabilita.

Il consulente ha parlato di “arresto cardio circolatorio a genesi non determinabile”. E ha precisato anche “l’impossibilità di stabilire con certezza che la causa sia riconducibile ad annegamento”».

Il difensore aveva anche sostenuto come la minore «non fosse stata “affidata” alla struttura e che la sorveglianza era comunque in capo al genitore. I miei clienti – aggiunge – hanno agito nel pieno rispetto della normativa vigente, che non prevede la presenza del bagnino. Tant’è vero che all’impianto non è stato rilevato alcun inadempimento sotto il profilo amministrativo».

Lette le motivazioni, gli imputati si riservano di proporre appello.

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