Aziende in ginocchio a Udine, all’Italsped 30 a casa

Esuberi scongiurati alla Nestlè, contratti di solidarietà per molte imprese. Quasi 300 i negozi che hanno chiuso in città e nell’hinterland in un anno

UDINE. Alcuni sono a casa da luglio, senza stipendio. Attendono novità. Le novità per l’Italsped Srl, azienda che opera a Udine dal 1928, ci sono. Ma non sono buone. A renderle note è Danilo Gortan, della Filt-Cgil.

«Abbiamo sottoscritto con l’azienda un verbale di licenziamento collettivo, ci sono 30 esuberi su un totale di 39 dipendenti. Una quindicina – prosegue Gortan – ha già optato per la non opposizione con un’uscita che ha permesso l’iscrizione alle liste di mobilità. Per gli altri – continua Gortan - abbiamo chiesto all’azienda l’applicazione dei criteri concernenti la legge 223/91 in relazione ai carichi di famiglia e anzianità di servizio».

Gli esuberi

Per 30 famiglie udinesi è un dramma. L’ennesimo, che si aggiunge a quello di tante altre, già travolte da una crisi che ha colpito la città, e l’intera provincia, in maniera trasversale.

«Gli esempi sono drammatici – osserva Alessandro Forabosco segretario Cgil Udine – si passa dai 150 esuberi alla Cartiera Romanello, alla crisi della Quickwood con contratto di solidarietà per 20 dipendenti, alle Grafiche Filacorda per altri 30 lavoratori. Ma sono decine le aziende in crisi - aggiunge – i più colpiti sono il settore metalmeccanico e il legno, a metà anno contavamo già una sessantina di fallimenti e, per ora, all’orizzonte non si vedono schiarite».

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Il metalmeccanico

«Il 70% delle aziende che seguiamo, circa 200 – commenta Sergio Drescig (Fim Cisl) – ha fatto ricorso a contratti di solidarietà, cassa integrazione in deroga, ordinaria o straordinaria per centinaia di operai. La maggior parte di questi andranno a scadenza nel 2014 e bisogna vedere se le aziende avranno le risorse per ripartire – osserva Drescig – la crisi coinvolge la meccanica generale e ora pure il settore siderurgico, la situazione della Mangiarotti e di Italricambi di Cividale chiusa ad agosto sono solo i nomi più eclatanti in una miriade di piccole realtà in crisi».

Alimentari

Anche il settore alimentari e agricoltura paga uno scotto pesantissimo. Alla Nestlè di via Sant’Osvaldo, la mediazione dei sindacati, alla fine, ha scongiurato lo spettro degli esuberi con l’accordo per il trasferimento di 30 unità a Protogruaro, come informa Claudia Sacilotto (Fai Cisl).

«Più complessa la situazione alle Latterie friulane che conta 130 dipendenti – segnala la Sacilotto – di cui un centinaio negli stabilimenti di Udine e Campoformido e una trentina a Spilimbergo per i quali è stato attivato un contratto di solidarietà fino a marzo 2013, che si spera di rinnovare. Ma le difficoltà riguardano centinaia di aziende agricole. Il settore delle trote con una decina di realtà produttive che occupano un centinaio di dipendenti – aggiunge la Sacilotto – ha subito una flessione e registra i primi licenziamenti, vittima di un’opacità del mercato che privilegia prodotti surgelati o specialità come il pangasio, non italiano, e di salubrità equivoca, alla genuinità di un prodotto locale e fresco».

L’emorragia nel chimico

La chimica, per Augusto Salvador (Femca Cisl) è il prossimo settore «che realizzerà un concreto avanzo commerciale, ma se continuiamo a discutere di start up, moltiplichiamo gli incubatori senza un comitato tecnico scientifico o una cabina di regia in grado di supportare la politica - chiosa – non invertiremo la rotta. In 5 anni abbiamo perso il 30% dei posti di lavoro, su 3.500 ne sono saltati 1.500 e per il tessile non va meglio. Alla Safilo vi sono 520 esuberi, 90% riguarda donne, per loro al 1 marzo c’è lo spettro della mobilità. La Caffaro negli anni Ottanta aveva 800 dipendenti ora, esclusa la Bracco, ce ne sono 130, di cui 70 in cassa».

Piccoli negozi muoiono

Il terziario non fa eccezione, conferma Paolo Duriavig. «In un anno abbiamo perso circa 3 mila posti di lavoro in provincia, specie nel piccolo commercio, 200-300 fra Udine e hinterland. Per i primi mesi dell’anno abbiamo usato la cassa integrazione in deroga, si attende che venga rifinanziata.

La ex Schlecker, ora in fase di rilancio, dovrebbe riaprire a breve sperando che la Gottardo di Padova ridia occupazione a un centinaio di lavoratori in cassa integrazione straordinaria, più incerta la situazione alla Bernardi in amministrazione straordinaria, il commissario dovrà trovare un compratore. In ballo vi sono 80 posti di lavoro fra uffici e magazzini e 200 nei negozi, finiti in cassa integrazione a rotazione».

L’edilizia a terra

«Da settembre almeno sette aziende hanno fatto ricorso agli ammortizzatori sociali per 180 dipendenti – spiega Gianni Barchetta (Filca Cisl) – le ore di casa edile a settembre 2013 sono scese dell’11% rispetto a settembre 2012, le imprese sono passate da quota 990 a 900 e da 4.800 dipendenti si è arrivati a quota 4.400. Quanto al legno, la cassa ordinaria è diminuita perché le aziende hanno chiuso, ma aumenta la cassa integrazione straordinaria e il contratto di solidarietà. Ne usufruiscono dai 400 o 500 dipendenti, ma le misure scadranno in primavera e metà dipendenti rischiano di rimanere a casa».

90 fallimenti

«Il 2013 ha registrato circa 90 fallimenti in provincia di Udine – tira le somme Ferdinando Ceschia segretario Uil Udine – in un quinquennio abbiamo accumulato 15 mila disoccupati, sono andati in crisi i settori portanti, dal metalmeccanico all’edile al legno e non si vedono spiragli dagli indicatori che, con le loro famose virgole, servono appena a tenere in piedi degli alibi. La nostra – aggiunge Ceschia - è terra di muratori che viaggiava su 8 mila occupati, ora si arriva a malapena alla metà».

La politica del fare

«Tanti, troppi, chiacchierano di ricerca e innovazione in maniera accademica - irrompe duro Roberto Muradore, segretario Uil Udine – abbiamo fior di ricercatori e di università, ma se ricerca e imprese non viaggiano assieme, finchè si parla di formazione senza inquadrarla in termini di occupabilità e si continua a parlare di progetti futuribili, perdiamo tempo prezioso, anzichè rimboccarci le mani e fare. Prima che sia troppo tardi».

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