Anche a Pordenone i negozi di cannabis si schiarano contro Salvini: «Con noi sbagli»

La notizia è su tutti i quotidiani: il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha dichiarato guerra ai Cannabis shop, plaudendo alla chiusura di tre punti vendita nelle Marche. Ha anche promesso di andare strada per strada a stanare questi negozi.
In città, di negozi di questo tipo, ce ne sono tre. Il primo ad aprire, un anno fa, fu Herbert, Cbd Hemp Shop, nella corte di palazzo Policreti, lungo corso Vittorio Emanuele. Dietro al bancone, ieri, a commentare la notizia, c’era Filippo Santarossa, con un diavolo per capello per quello che sta accadendo, convinto che questa possa essere una boutade pre-elettorale «perché non è possibile chiudere migliaia di negozi, mandare a casa i lavoratori e cancellare una filiera. Da un lato sono preoccupato per quello che potrà succedere – ha ammesso – dall’altro penso sia una campagna pre-elettorale. Prendere di mira i cannabis shop può portare voti».
Se Salvini dichiara che si tratta di «un incentivo all’uso e allo spaccio», Santarossa replica che «la fascia di utenti giovani è praticamente assente, dai 18 ai 35 anni non entra nessuno. Il cliente medio è l’adulto, che utilizza i prodotti per scopi principalmente terapeutici».
Della canapa, in questi negozi, vengono venduti prodotti con la componente Cbd, ovvero il principio attivo rilassante, utilizzato per alleviare problemi muscolari, articolari, come antiossidante, anti-convulsionante, per ridurre i tremori del Parkinson, come antinfiammatorio, antidolorifico e calmante, oltre che per contrastare l’insonnia.
«Piuttosto che chiudere uno per uno questi negozi, affossando il commercio e mandando a casa un sacco di gente – è il pensiero di Santarossa – si colmi un vuoto normativo. Il negozio come il mio ha come ragione sociale “vendita di fiori secchi e prodotti da collezionismo”.È evidente che si è creata una situazione anarchica, ma non è chiudendo i negozi che la si risolve, ma sistemando la legge che disciplina queste attività». La spada di Damocle sui cannabis shop è anche quella della pronuncia della Corte di Cassazione, che il 31 maggio deciderà a sezione unite la liceità o meno della vendita dei prodotti commercializzati in tali punti vendita.
«Io, prima di aprire il mio negozio, lavoravo nell’agricoltura e vendevo semi da orto – ha spiegato Filippo Santarossa –. Quindi, già conoscevo i possibili usi e i benefici che derivavano dalla canapa. Sia chiaro che io vendo cannabis perfettamente legale secondo la normativa europea. Invece di fare le pulci ai cannabis shop, si pensi a tante altre attività discutibili, sia per la salute delle persone che per quello che viene fatto all’interno di vetrine oscurate».
Santarossa pensa «ai tanti possibili disoccupati e alla filiera alle spalle, dai coltivatori a chi lavora il prodotto: «Non è certo chiudendo i negozi e mandando a casa lavoratori che si incrementa il Pil di un Paese». —
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