Alberto Rossi: sul caso ospedale ho capito che col sindaco era finita

l’intervista
Storia di un amore politico finito tra l’ex presidente della Provincia Alberto Rossi, da sempre di centrosinistra, e il sindaco di Pordenone Alessandro Ciriani, da sempre di centrodestra.
Alberto Rossi, perché scelse di sostenere, sorprendendo molti suoi amici di cammino politico, la candidatura dell’attuale sindaco?
«Il sostegno nasceva da una posizione critica verso il centrosinistra, cui ho sempre appartenuto».
Cosa alimentò il suo dissenso?
«La sanità e, in particolare, il caso ospedale. L’allora direttore generale Paolo Bordon presentò un documento quantificando in 50 milioni il fabbisogno tecnologico della nuova struttura. Fu accusato di avere fatto male i conti, tanto da Serracchiani quanto da Bolzonello. Bordon se ne andò e oggi è direttore generale di una delle più importanti aziende sanitarie di Bologna».
La seconda questione?
«La decisione di cancellare le Province. Mi dispiacque che questa riforma, che si sarebbe rivelata un disastro, fosse stata proposta da due esponenti del centrosinistra pordenonese: Sergio Bolzonello e Paolo Panontin».
La terza?
«L’elezione di Claudio Pedrotti. Fu prima imposto e poi abbandonato da Bolzonello. Quante volte gli chiesi di incontrare gli operatori ospedalieri: non ci mise mai piede, in ospedale, perché era in difficoltà nei rapporti con la Regione. Queste tre ragioni mi portarono a pensare che era necessario un forte cambio di passo. Ne parlai con l’amico Pietro Tropeano che ipotizzò la possibilità di sostenere Alessandro Ciriani».
E così fece.
«Pensai: se questa candidatura è fondata su una lista civica vera che intende dare una scossa alla città non avrò difficoltà a sostenerla. Credo di avere dato un contributo non residuale. Mi illudevo che l’esperienza civica potesse essere esportata anche nel resto della provincia, priva di un ente unitario».
Conosceva già Alessandro Ciriani?
«Dall’esperienza in Provincia, quando, sconfitto di misura da Elio De Anna, passai all’opposizione. Lui era capogruppo di Alleanza nazionale. Non avevamo posizioni pregiudiziali, ma quando paventavamo la possibilità di astenerci o votare con la maggioranza, chiedeva la parola e ci attaccava. Aveva un’impostazione ideologica, che ha tuttora».
Dov’è andata l’esperienza civica?
«In una sottospecie di Fratelli d’Italia».
Quando è avvenuta la rottura?
«La prima, sull’ospedale. Avevo chiesto al sindaco di dare davvero una mano a chi ci lavora: il tema è difendere la funzione del terzo ospedale regionale. Il sito è una questione superata. Proposi una commissione tecnica per muoverci in un quadro condiviso. Contestualmente uscivano critiche di Fdi sul sito e sul direttore generale Giorgio Simon, di cui si chiedeva la sostituzione. Lì non ho capito. Il sindaco, incontrando i primari – suscitando, ricordate?, le ire di Bolzonello – promise di essere la sentinella dell’ospedale. Gli scrissi una lettera riservata: prendevo atto del cambio di atteggiamento e mi dimisi dalla commissione».
Poi?
«Sulla gestione del Comune: il sindaco si è circondato di un “cerchio magico”, il clima è pesante. Inoltre, alle politiche la civica sostanzialmente si mosse a sostegno del fratello. Lì ho capito che aveva un nome e cognome: Fratelli d’Italia. Mi sentii “derubato” del voto, avevo sostenuto un progetto civico, non un partito».
Ma la rottura è anche personale?
«No, almeno da parte mia è totalmente politica. Però non posso accettare, e non lo dice per la prima volta, che mi aspettavo incarichi che non ho avuto. È falso ed è offensivo: su questo presenterò querela e vedremo chi ha ragione. Le mie critiche sono sempre state politiche, mai personali».
Il sindaco, infine, dice che ha allargato le distanze dopo le regionali.
«Ritiene che avessi aspettative di essere candidato. Ma è una insinuazione falsa. Non ho avuto né preteso alcun ritorno dal sostegno dato. Dica le circostanze in cui ho voluto un posto al sole. Ricordo che gli scrissi un whatsapp esortandolo a non fare morire l’esperienza della civica, a farla gemmare nel territorio. Era via: rispose che ne avremmo parlato al suo ritorno. Non ci siamo più sentiti». —
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