Al museo “Cjase Cocel” la raccolta delle storie di emigranti fagagnesi

Maristella Cescutti

Fagagna

Al museo della vita contadina “Cjase Cocel” di Fagagna è nato il Centro documentazione sulla storia dell’emigrazione locale, in collaborazione con l’Ecomuseo della gente di collina “Il Cavalîr”. Il progetto punta a valorizzare e tramandare l’identità della gente di collina, tanto che l’idea di registrare e documentare le testimonianze è nata per non disperdere le grandi storie dell’emigrazione che altrimenti verrebbero dimenticate.

Mattia Tonutti, tirocinante del corso di laurea in Relazioni pubbliche all’università di Udine, ha iniziato quotidianamente a intervistare fagagnesi che vogliono raccontare la loro storia di emigrati, con domande sul loro viaggio, sui lavori svolti, sulle prime difficoltà riscontrate in un Paese nuovo e sulle emozioni lasciate da quell’esperienza dopo molti anni. Tutte le interviste sono state registrate con una videocamera così da non perdere nulla, dalle espressioni facciali a ogni parola degna di rimanere negli annali per essere tramandata alle generazioni future.

Fino al 1870 da Fagagna partivano stagionalmente uomini verso Austria e Ungheria “a fare mattoni”, mentre dalla fine Ottocento, con l’arrivo degli agenti delle compagnie di navigazione, molti andavano verso l’Argentina, tanto che sono stati proprio dei fagagnesi a fondare la città di Resistencia nel Chaco. Tanti anche gli emigrati in Nord America, in Canada (a Timmius) e in Svizzera, a Neuchâtel. Emigrati che avevano il desiderio di “costruirsi una casa” in patria e per questo risparmiavano ogni singolo centesimo guadagnato all’estero. Nell’ultima fase dell’emigrazione (quella dalla fine del Novecento sino ai giorni nostri) si è assistito all’arrivo a Fagagna di quasi 500 nuovi abitanti, emigrati di ritorno da Paesi soprattutto dell’Europa dell’Est. Dai dati Aire (Anagrafe degli italiani residenti all’estero) emerge che su una popolazione fagagnese di 6.169 abitanti, quasi il 16% risulta residente all’estero e tanti sono anche i giovani che intraprendono “un’emigrazione intellettuale” verso altri Paesi. —

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