Addio a Mimmo Jodice, il maestro della luce

L’artista esponente della fotografia d’avanguardia aveva 91 anni, l’ultima grande rassegna, ancora in corso, è ospitata in Castello a Udine

Oscar D'Agostino
Una sala del Castello di Udine che ospita la mostra del fotografo Mimmo Jodice (a destra)
Una sala del Castello di Udine che ospita la mostra del fotografo Mimmo Jodice (a destra)

La fotografia italiana perde un altro maestro: addio a Mimmo Jodice, considerato uno dei più importanti professionisti al mondo e tra i principali esponenti della fotografia d’avanguardia. Aveva 91 anni. Lascia l'amata inseparabile moglie Angela.

Nato a Napoli nel Rione Sanità, si era avvicinato alla fotografia negli anni ’50, ma risalgono agli anni ’60 le prime esposizioni con Lucio Amelio e le collaborazioni con alcuni tra i più grandi artisti dell’epoca, da Andy Warhol a Sol LeWitt, da Michelangelo Pistoletto ad Alberto Burri.

Appena pochi giorni fa il film Oltre il confine di Matteo Parisino, che lo racconta al lavoro accanto al figlio Francesco, anche lui affermato fotografo, è stato presentato alla Festa del Cinema di Roma, sulla sua vita anche il bel documentario di Mario Martone (Un ritratto in movimento).

Tra i lavori che restano nella storia della fotografia le Vedute di Napoli e la serie Anamnesi, le foto ai capolavori del Museo Archeologico. È stato docente di fotografia all'Accademia di Belle Arti di Napoli, il maestro di moltissimi talenti venuti dopo di lui e cresciuti grazie a lui. Innumerevoli i premi e i riconoscimenti: tra questi Antonio Feltrinelli dell'Accademia dei Lincei nel 2003, la laurea honoris causa in Architettura dall'Università Federico II di Napoli nel 2006. Dal 2011 è Chevalier de l'Ordre des Arts et des Lettres dal ministero della Cultura Francese, oltralpe Jodice era amatissimo.

Una carriera lunghissima e costellata da grandi esposizioni nei musei di tutto il mondo, dal Philadelphia Museum of Art nel 1995 alla Maison Européenne de la Photographie nel 1998. L’ultima grande mostra dedicata al celebre fotografo è quella di Udine, L’enigma della luce, tuttora in corso (è aperta fino al 4 novembre in Castello), inaugurata alla presenza della figlia Barbara.

Una rassegna dei Civici Musei per rendere omaggio a uno dei pilastri della fotografia italiana: 140 opere rigorosamente in bianco e nero, realizzate tra il 1964 e il 2015, che spaziano dalla denuncia sociale della Napoli degli anni ’70 al silenzio dei paesaggi umani, dal rapporto con il passato alle visioni di natura e città che superano i confini geografici. Il silenzio delle città e le profondità del tempo, le sperimentazioni concettuali degli anni Sessanta fino alle immagini più recenti, esplorando il fil rouge dell’intera carriera di Jodice: l’equilibrio tra l’immagine reale e la sua astrazione. Le sue opere, caratterizzate da un uso raffinato del bianco e nero, esplorano proprio il rapporto tra realtà e visione, tra presenza e assenza, trasformando la fotografia in uno strumento di indagine esistenziale.

Una carriera dedicata alla ricerca sulla tecnica fotografica, al lavoro in camera oscura. Per ricordare che “quella di Mimmo Jodice è una vocazione artistica iniziata con il dono di un ingranditore fotografico da dismettere. – avevano evidenziato Roberto Koch e Alessandra Mauro, i curatori della rassegna udinese –. Quel regalo, capace di creare immagini proiettandole su un foglio di carta, ha segnato l’inizio di cammino nella visione e di un interrogarsi continuo sul valore che questa stessa visione possiede. Nella solitudine della camera oscura, tra le sue mani di giovane fotografo, l’immagine cominciava ad affiorare diventando subito documento di qualcosa che è accaduto, ma anche oggetto autonomo, creazione personale. Così sono nate le sperimentazioni degli anni Sessanta, raccolte nella prima sezione, Indagare, sperimentare, tanto vicine alle pratiche artistiche di quegli stessi anni. La fotografia di una mano su un foglio, ce la mostra mentre scrive una frase semplice, quasi una tautologia: quella che abbiamo di fronte è una vera fotografia. Ma, come dice Jodice, in verità quella scritta smaschera la pretesa di restituire la realtà fedelmente anche quando è in scala 1:1”.

Una lunga carriera artistica vissuta con passione, determinazione e con l’entusiasmo di un ragazzino. C’è una scritta alla fine dell’esposizione, una frase del fotografo che dovrebbe farci riflettere sulla capacità di un artista di guardare sempre al futuro con l’entusiasmo degli inizi: “Vorrei ricominciare da capo”.

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