Addio al pittore Cendamo l’artista del centro storico

Aveva 63 anni, è stato trovato morto nella casa dove viveva in via Pracchiuso. Gli amici lo piangono: era una persona squisita, non abusava della sua importanza. Le sue opere arricchiscono collezioni private e pubbliche

UDINE. Non amava la notorietà anche se noto lo era davvero. Il pittore Antonio Cendamo, ieri, poco prima di mezzogiorno, è stato trovato morto nella casa dove viveva, in via Pracchiuso. Aveva 63 anni, ne avrebbe compiuti 64 il 22 luglio.

Era un personaggio caratteristico del centro storico: trascorreva le giornate tra il bar “Divino” di via Pracchiuso e “Lo sbarco dei pirati” in riva Bartolini. Amava gli eccessi e forse sono stati proprio questi a minare la sua salute.

Negli ultimi giorni sembrava affaticato più di sempre, tant’è che domenica un amico gli ha portato un panino e una bottiglia di latte in camera. Ieri lo stesso amico e le persone a lui più vicine, non vedendolo passeggiare in strada, si sono preoccupate, uno è salito in camera e l’ha trovato privo di vita. Sul posto la guardia medica, il personale del 118 e i carabinieri del nucleo radiomobile.

La scomparsa di Cendamo è una di quelle che non passa inosservate. L’artista tutte le mattine, alle 7, entrava al bar “Divino”, si sedeva sullo sgabello vicino al banco e lì dipingeva per conto di chi gli chiedeva un ritratto piuttosto che un’opera in cambio di qualche euro.

«Stava qui fino a mezzogiorno» racconta la titolare Debora Toniutti soffermandosi sulla sofferenza che nell’ultima settimana aveva notato sul volto del pittore. «Ultimamente camminava poco, non stava bene - aggiunge la barista - venerdì aveva acquistato in farmacia Voltaren e altri farmaci da banco».

Borgo Pracchiuso l’aveva adottato, Cendamo si era trasferito lì, in un alloggio del Comune attaccato all’asilo notturno, da circa due anni dopo essere stato sfrattato dalla sua storica casa di Riva Bartolini dove però aveva lasciato il cuore.

Quando poteva faceva tappa all’osteria “Lo sbarco dei pirati” e ora il titolare lo ricorda con le lacrime agli occhi: «Era una persona squisita, non abusava mai della sua importanza».

Cendamo era una persona schiva, non amava farsi fotografare e tanto meno rendere noti i suoi successi artistici raggiunti fino al Duemila attraverso le esposizioni organizzate a New York, in Svizzera, Australia e in Austria. Amava l’espressionismo, Francis Bacon era il suo ispiratore.

Le sue opere arricchiscono collezioni private e pubbliche. Figlio di una maestra e di un militare dell’esercito, Antonio aveva sempre amato l’arte anche se nella sua biografia non manca un passato da pugile. «Prima viveva per dipingere ora dipingeva per viveva» aggiunge Cristina Vicic, l’amica con la quale aveva scambiato quattro chiacchiere venerdì scorso.

«L’avevo visto affaticato, imputava il suo malessere all’effetto di alcuni colori acrilici di basso costo che aveva usato recentemente» racconta la signora descrivendo Antonio come una persona umile, buona d’animo, alle volte incomprensibile. La sua cultura lo collocava sopra alla media, ma lui non lo dava a vedere.

Dipingeva per raccogliere i pochi spiccioli che gli servivano per acquistare gli alimenti. Fu proprio lui a recensire la sua arte con questa frase: «La realtà costruita dalla nostra evoluzione tecnica industriale provoca nel mio subconscio una reazione incontrollabile che si manifesta nelle mie opere passando attraverso realtà simboliche».

Cendamo lascia un gran vuoto, sono in molti a notare l’assenza del pittore del centro aiutato dai tanti che in lui vedevano un artista nel vero senso della parola. La data della cerimonia funebre non è ancora stata fissata, ieri la salma è stata ricomposta nella cella mortuaria del cimitero di San Vito.

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