Ad Artegna gli speleologi di Ancona volontari per il terremoto

Durante la loro permanenza furono ospiti del primo matrimonio dopo il sisma, celebrato nella tendopoli organizzata in paese. Tornarono più volte in Friuli per portare aiuto al paese colpito.

ARTEGNA. Erano partiti da Ancona il 13 maggio in direzione di Artegna, la decisione di andare l'avevano presa dopo aver seguito per qualche giorno il tragico bilancio dai giornali. Maurizio Bolognini era l'anziano del gruppo, all'epoca aveva 25 anni, altri due sopra i venti, e il resto ragazzi del liceo. In tutto dieci appassionati di speleologia, dotati di metodo e voglia di aiutare.

Trovarono un paese distrutto ma già all'opera per strappare dalle macerie i propri averi e riprendersi la dignità. E il caso volle che assistessero al matrimonio tra due arteniesi, Severo De Monte e Bruna Revelant, che oggi il Messaggero Veneto ha ritrovato per raccontarne la storia.

I volontari trascorsero la prima notte in automobile, intirizziti dal freddo, ma già l'indomani piazzarono le tende nel campo di Artegna. Bolognini ricorda con chiarezza il primo giorno e il lavoro come volontari: «Ci presentammo al punto di coordinamento, mettendoci a disposizione. L'organizzazione era efficiente, nonostante le condizioni, e il meccanismo funzionava alla perfezione. Le famiglie e le persone che avevano bisogno di tutto si presentavano ordinatamente in coda e alle loro richieste veniva assegnata una squadra di volontari. L'esercito metteva a disposizione i propri camion per gli spostamenti delle persone e per i traslochi delle cose. Partivamo la mattina, tornavamo la sera, stanchini».

Il casco in testa con la luce al centro, per frugare meglio nella notte del terremoto friulano. Per riassumere il lavoro offerto come volontari in quei giorni dal suo "Gruppo speleologico marchigiano Cai", Maurizio Bolognini sceglie un'immagine pragmatica: «Quando c'è da soccorrere gli speleologi sono preziosi, perché lavorano anche al buio».

L'organizzazione interna al gruppo funzionava bene. «C'era anche mio fratello - racconta Bolognini - e ci eravamo messi su due squadre diverse perché almeno uno fosse sicuro di tornare a casa. Ci eravamo divisi in gruppi dandoci il cambio ogni venti minuti precisi, lasciando in terra gli attrezzi ed uscendo velocemente. Se doveva succedere, doveva comandare il caso».

La nobile fatica del volontariato fu interrotta da un evento che sembrò straordinario in quei giorni di dolore. Una coppia di sposi decise di celebrare il matrimonio nel campo di Artegna, tra le macerie e le tende. Bolognini si fermò qualche momento dal suo lavoro per rubare qualche immagine della cerimonia: «Non scattai altre foto in quei giorni, non ci pensai nemmeno, ma quel momento era davvero insolito e mi trovai dietro l'obiettivo».

La sposa in abito tipico, lo sposo in abiti borghesi, attorniati da una piccola folla di amici e gente del luogo interrotta ogni tanto dal camouflage delle divise dei militari. Il prete officiava con il megafono. Le facce segnate e assorte che si vedono nelle foto durante la cerimonia, si sciolsero in sorrisi e abbracci al momento del bacio.

Trascorsa una settimana i volontari marchigiani lasciarono il Friuli. Nel corso dell'estate sarebbero tornati altre volte, con squadre diverse. Il Comune di Artegna, riconoscente, consegnò loro un attestato dell'opera svolta in paese come volontari. «Lo conservo ancora con grande affetto e onore», conclude Bolognini.

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