A Pozzis, l’ultimo avamposto tra cosacchi e indemoniate

VERZEGNIS Al di là dell’immagine nieviana, di certo riuscita sebbene un po’ consunta da certa facile retorica, questo piccolo compendio dell’universo che è il Friuli è davvero terra che racchiude un incrocio di destini imprevedibili e per certi versi stupefacenti.
Coordinate apparentemente divergenti convergono invece, silenziose eppure inesorabili, attorno a piccoli luoghi nascosti, a minuscoli grumi di case e boschi e acque appena lambiti da soffi di vita e da uomini e donne aggrappati a esistenze anomale, inusuali, apparentemente senza logica, se per logica intendiamo il quotidiano incedere del tempo e del progresso e della cosiddetta civiltà.
Succede cosí che accanto ai tornanti quieti che da San Francesco portano a Sella Chianzutan, lungo le spiagge bianche di pietra lavata dalle acque dell’Arzino, tra i sussurri di vento dei boschi, abbiano trovato vita fatti incredibili, a volte sottaciuti, per poi essere resuscitati dalla microstoria, quella che ci tocca cosí da vicino e cosí concretamente.
Pochi chilometri piú in là del corso dell’Arzino, a Verzegnis, «un paese che non esiste», a fine ’800 un gruppo di donne, le indemoniate, viene trasportato con grande scandalo e in modo coatto nelle strutture ospedaliere di Udine, perché portatrici di messaggi satanici.
A scuotere l’apparente tranquillità di quelle terre ci pensa anni dopo la discesa, ricordata a volte con terrore dalle genti della Carnia a volte no, dei Cosacchi guidati dall’atamano Petr Nicolaevic Krasnov, noto romanziere altrettanto conosciuto come generale strenuo oppositore della rivoluzione bolscevica.
Di certo l’assurda contingenza che fece il Friuli terra di immigrazione russa non ha soluzioni di continuità, quando dalla Grande Madre arrivarono combattenti fuggiti al regime bolscevico, eppure decisi a fondersi con i partigiani locali e a fronteggiare il nazismo sotto la guida del Comandante Daniel, giovane, bello, coraggioso, carismatico e destinato a cadere sotto i colpi dei nemici.
In questa terra quieta, apparentemente estranea al mondo, si celano pezzi di storia tumultuosa e irruenta.
Eppure cosí non sembrerebbe entrando nel paesino di Pozzis, dieci case e un abitante, Alfeo Carnelutti, da tutti conosciuto come il “Cocco”, alle spalle una vicenda tragica, ma soprattutto la scelta di vivere da eremita.
E Pozzis diventa cosí il suo modo di dire no al mondo. Da queste atmosfere, cosí suggestivamente evocate da Mauro Daltin ne “L’ultimo avamposto del mondo”.
Un viaggio con l’ultimo abitante di Pozzis tra partigiani russi e l’acqua dell’Arzino, edito dalla Biblioteca dell’Immagine, nasce l’idea di una collaborazione tra Bottega Errante e LeggerMente.
Un appuntamento cioè nell’ultimo avamposto del mondo, tra le poche case di Pozzis, ai piedi dell’Arzino luccicante, con le letture di Claudio Moretti, le riflessioni di Angelo Floramo, il violino di Lucia Clonfero e le parole di Mauro Daltin e dello stesso Alfeo Carnelutti.
Storie sepolte che riemergono, che si incrociano, tra reale e immaginario, come se all’improvviso sabato 12 luglio, alle 18 si incontrassero le anime delle indemoniate e dei cosacchi e del Comandante Daniel, in quel punto della terra dove vive da trent’anni Alfeo Carnelutti, detto il “Cocco”, unico abitante di Pozzis, piccolo borgo in riva all’Arzino.
Non una rievocazione storica, ma un’occasione per farsi lambire in loco da atmosfere lontane dal mondo eppure esistenzialmente profonde.
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