A caccia di spettri a Col Badin armati di trappole e rilevatori

Si sono insediati sabato mattina al Col Badin i primi quattro operatori tecnici dell’Enpas, il gruppo di ricerca che per due giorni, con il supporto di appropriati strumenti tecnologici, saranno impegnati in una sorta di caccia ai fantasmi. Cominciate le riprese per documentare gli angoli di maggiore interesse del forte, un caposaldo dell’artiglieria italiana durante la prima Guerra Mondiale, fino alla rotta di Caporetto e piazzate le strumentazioni che permetteranno di rilevare eventuali fonti di energia anormale, campi elettromagnetici non nella norma, oppure sorgenti di calore inspiegabili normalmente con criteri naturali o fisici, nel pomeriggio sono stati raggiunti da altre cinque persone per infoltire il gruppo che opererà nella due giorni.
Con l’assessore comunale Fabio Orlando prodigo di notizie riguardo il Col Badin, le cui bocche di fuoco erano state fatte saltare dagli italiani prima dell’abbandono del caposaldo ch’era stato sotto attacco austriaco nell’ottobre del 1917. «Siamo stati invogliati a svolgere l’indagine, dalla curiosità per un sito che merita d’essere fatto conoscere oltre i confini nazionali e soprattutto ci ha affascinato, spinti anche da leggende su quest’angolo del Friuli, la possibilità di potere svolgere una interessante ricerca», spiega Marcello Chichinato, il responsabile del direttivo nazionale Enpas.
Che precisa come «non siamo occultisti, ma un gruppo di ricerca. Dal 2016 ad oggi abbiamo svolto sul territorio nazionale più di cento ricerche con riscontri positivi in più del 20 per cento dei casi e chiaramente speriamo di potere rilevare delle particolarità anche in questa fortificazione». Daranno loro man forte in questa sorta di caccia al...fantasma, otto telecamere, tre delle quali a raggi infrarossi per uso notturno, un drone, due macchine fotografiche fullspetrum a raggi ultravioletti appositamente congegnate per scattare foto di particolari che sfuggono all’occhio umano e che servono per captare energie non consuete nell’uomo. Abbiamo notato anche un orsacchiotto. «È una sorta di esca-trappola», ci è stato detto, particolarmente gradito dai bambini che possono essere attratti dal giocattolo, ovviamente, dotato di strumentazione apposita.
Insomma, al di là di ogni sorta di scetticismo, al Col Badin è sceso in campo un gruppo di tecnici proveniente da diverse regioni d’Italia, molto convinto della sua opera ed i cui risultati saranno resi noti in campo scientifico mondiale.
Oltretutto nella due giorni sarà registrato anche un video che darà risalto agli aspetti storici della struttura. Il gruppo, appunto, soggiorna nelle camere ricavate ristrutturando una parte del forte per soddisfare esigenze di ricettività. Saranno, infatti, 47 i posti letto a disposizione accanto al ristorantino con una cinquantina di posti. Ovviamente si attendono di potere registrare altre presenze.
In paese, invece, molti sorridevano ieri mattina. «Storie strane sul Badin – ci ha detto un avventore della centrale pizzeria da Vito – non ne abbiamo mai sentite. Invece, in tanti ricordano quanto accaduto nel 1967 fra Sella Nevea e Cave del Predil, dove dovette intervenire il vescovo a celebrare una messa sul posto per porre fine ai sassi che venivano scagliati dal bosco a due stradini ed un minatore della Val Raccolana».
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