La sesta Olimpiade nel nome del padre: il carnico Pittin vuole volare a Milano-Cortina 2026

A 34 anni Alessandro, specialista della combinata nordica, sta già preparando i Giochi invernali: «Voglio dedicare questo progetto a mio papà Stelio che non c’è più»

Francesco Mazzolini
Alessandro Pittin, di Cercivento. A destra in volo dopo il salto dal trampolino
Alessandro Pittin, di Cercivento. A destra in volo dopo il salto dal trampolino

Un obiettivo che ha lo scopo di lasciare un segno indelebile nella memoria.

Un traguardo dal sapore dolce della rivalsa e della promessa fatta ad un papà che non c’è più.

É la storia di Alessandro Pittin, combinatista carnico 34enne dal cuore grande, che ha vinto il suo bronzo a Vancouver nel 2010 e ha lasciato tracce della sua strada da ragazzo per bene e caparbio, cosparse in 20 anni d’onorata carriera.

Tanti infortuni, tante amare beffe d’un percorso professionale che meriterebbe il suo romanzo. Pittin s’è confrontato con la meccanica superba del volo e degli sforzi estenuanti dell’attività agonistica d'elite, riuscendo a non uscire mai dai nomi dei grandi del suo sport e permanere come dignitario di corte nella combinata per meriti e personalità. Mentre dopo l’infortunio dell’anno scorso Ale combatte attualmente in Coppa del Mondo, da veterano senza eguali, cova il progetto assolutamente delizioso d’esserci all’Olimpiade di Milano-Cortina 2026.

Sarà la sua sesta Olimpiade e se la godrà, non senza combattere, tra le mura (e i trampolini) di casa, pronto a realizzare il suo disegno diafano.

Avrai più Olimpiadi tu in carriera di quanti sono gli anelli dello stesso simbolo con Milano-Cortina.

«Si, il progetto che mi sono prefissato è il risultato di un sogno che abbiamo costruito io e mio padre Stelio, che purtroppo è venuto a mancare a novembre. Non difetto di caparbietà, voglio arrivare anche a Milano-Cortina, dove, come ho sempre fatto da quando ho messo gli sci ai piedi, darò il mio meglio».

Da Torino 2006 sono passati quasi 20 anni, 15 dal bronzo di Vancouver: cosa ricordi di quei giorni?

«Difficile spiegare la dimensione di quell’emozione, so che in fondo anche grazie a quell’adrenalina sono rimasto radicato al mondo sportivo e continuo a combattere per rimanere in mezzo ai migliori».

Come senti la tua condizione fisica e mentale attuali?

«L’infortunio al legamento crociato del ginocchio dell’anno scorso ha avuto il suo peso ma sto tornando gradualmente verso la mia forma fisica ottimale. Sento che bisogna lavorare sulla parte dello sci che era il mio cavallo di battaglia ma la testa c’è ed è orientata non solo a rimanere nei 40, ma ad arrivare anche nei 30 in Coppa del Mondo».

Cosa ti direbbe papà Stelio?

«È stato il mio primo tifoso, la persona che più ha creduto in me e che mi ha permesso di arrivare agli obiettivi importanti della mia vita e non parlo solo di quelli agonistici. La sua malattia mi aveva preparato al momento del distacco, ma quando è arrivato davvero, è stato difficile da accettare. Punto alla prossima Olimpiade perché c’abbiamo creduto insieme e perché ora ho mia figlia Sofia che mi guarda come modello e genitore. Voglio essere per lei quello che mio padre è stato per me».

Come vedi il futuro della combinata azzurra?

«È uno sport che sicuramente possiamo definire “particolare” ma ha il suo fascino. Ci sono molti talenti azzurri che aspettano di sbocciare ed esprimersi. Credo che saranno loro e l’incentivo del mondo sportivo alla pratica a decidere il futuro della disciplina».

Hai pensato a cosa vorresti fare dopo la carriera sportiva?

«Per ora non ci penso. Il mio presente e il mio futuro immediato sono ancora sui trampolini e sulle piste e voglio concentrare le mie ultime energie e la mia esperienza sulla mia professione che è diventata anche la mia vita».

Cosa rispondi a quelli che ti definiscono “vecchio”?

«La mia risposta la do sugli sci e sul trampolino. Non son uno di tante parole e mi limito a dimostrare che certamente l’età influisce, ma è la testa ciò che conta davvero».

Hai avuto tanti infortuni in carriera. Che relazione faresti sul tuo passato?

«Beh lavorando è normale correre il rischio di farsi male. Ho vissuto l’infortunio in parte come paura ma l’esperienza mi ha insegnato a guardarlo come una parte integrante e logica del gioco perciò ho raggiunto una serenità anche per quanto concerne questo tema».

Obiettivi per la Coppa del Mondo di quest’anno?

«Cercare di rimanere nei 30 e puntare a un ritorno fisico ottimale in prospettiva del prossimo anno e delle Olimpiadi. Credo che l’unico obiettivo sensato sia quello di continuare a dare il meglio e credere nel progetto d’un intera vita».

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