Inseguimento a squadre, Danimarca campione del mondo: l’Italia di Milan e Moro deve accontentarsi dell’argento
Il bujese protagonista all’ultimo Giro d’Italia e l’atleta di Azzano Decimo hanno conquistato un altro secondo posto con il quartetto azzurro dopo quello del 2022

GLASGOW. Segnatevi anche voi, appassionati di ciclismo e non, questa data: mercoledì 7 agosto 2024. Perché nel velodromo di Sain Quentin en Evelynes alla periferia di Parigi, a metà pomeriggio, sarà in programma la finale dell’inseguimento a squadre su pista.
Quello sarà il giorno della rivincita dell’Italia sulla Danimarca, che ieri ha battuto il “Frecciarossa” azzurro, o l’“Italo azzurro”, fate voi a seconda delle preferenze ferroviarie, per metà composto da corridori friulani.
Non ce l’hanno fatta il bujese Jonathan Milan, 22 anni e l’azzanese Manlio Moro, 21, assieme a Francesco Lamon e Filippo Ganna a resistere all’ondata danese, quartetto rivisitato e corretto rispetto a quello sconfitto dall’Italia nella memorabile finale olimpica di Tokyo 2021.

La Danimarca, in questi due anni, ha lavorato sodo sui suoi uomini in pista, sforna talenti su talenti, forte di un movimento che fa della programmazione, degli impianti all’avanguardia e della cultura del pedale un mantra nonostante la collina più alta sia di 150 metri sul livello del mare.
Risultato? Vingegaard da due anni vince il Tour de France sulle montagne, Mads Pedersen è uno dei favoriti nella gara su strada dei professionisti di oggi al Mondiale e, tanto per dirne una, ieri pomeriggio a Glasgow la gara degli juniores è stata vinta da tale Albert Philipsen, 16 anni con un numero da predestinato.
Il quartetto della Danimarca è la conseguenza di tutto questo. Atleti programmati per vincere su pista. Che si sono presentati a Glasgow smazzando tempi di tutto rispetto, girando costantemente attorno ai 3’46” sui quattro chilometri e andando anche sotto, come ieri in finale dove hanno chiuso la loro prova in 3’45”161.
Eppure i ragazzi azzurri la finale l’hanno interpretata bene facendo girare al meglio, almeno per metà gara, il mostruoso rapporto 63x14. Anche troppo. Inizio al solito deputato a Lamon, in grande forma. Il veneziano, che corre pratica ente solo in pista e non è un professionista del World Tour ha lanciato il trenino alla perfezione. Primo rilevamento ai 350 metri favorevole agli azzurri che iniziano vorticosamente a girare. Tocca a Moro, non l’ha mai fatto in quella posizione e, per generosità, va troppo forte. Il piano gara un po’ salta, poi tocca a Milan, poi a Ganna. Il vantaggio infatti sale, fino a oltre mezzo secondo. Ma è un illusione.
I danesi, compatti, cominciano a rosicchiare centesimi su centesimi. Il trend poco prima di metà gara e già chiaro, ai due chilometri il sorpasso è servito e prima dell’ultimo chilometro i quattro moschettieri del nord veleggiano già oltre un secondo di vantaggio. L’Italia ora dovrebbe cambiare ritmo, ma è andata fuori giri.
Stavolta è toccato ai rivali averne di più. Il proverbiale rush finale di TopGanna, che nel velodromo olimpico di Tokyo 2021 aveva consentito ai “fab four” di diventare leggenda, non può esserci.
Hanno vinto i danesi, ma attenzione, la delusione che c’è stata nell’animo degli italiani sarà presto spazzata via dalla consapevolezza di essere ancora nell’èlite mondiale e di poter dare ancora l’assalto tra dodici mesi al titolo olimpico.
Gran Bretagna, sfortunata in semifinale e che forse sarebbe andata in finale al posto degli azzurri che avrebbero senza la caduta del britannico incrociato i danesi prima, Danimarca ma anche i padroni di casa della Francia che sicuramente saliranno di colpi, sono avverai già scritti.
L’Italia non ha che un solo velodromo coperto (a Montichiari), ma ha talenti come Ganna Moro e l’emergente Moro. E un ct coi fiocchi come Villa.
Con due mesi di preparazione mirata dopo il Giro d’Italia il 7 agosto 2024 la rivincita sarà servita. Scommettete?
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