Il segreto di Ferronetti: «Non accontentarsi mai»

di Massimo Meroi
UDINE
Febbraio 2009: lesione al crociato del ginocchio. Agosto 2010: il legamento del ginocchio fa crak. Provate a indovinare cosa chiede Damiano Ferronetti al 2012. Indovinato: la salute.
Damiano quanto le dà fastidio sentire: bravo Ferronetti, ma è sempre “rotto”...
«Un po’, però mi rendo conto che è anche la verità. Ma sono infortuni traumatici, non stiramenti che possono far pensare qualche carenza. C’è di mezzo la sfortuna».
Dal 2012 si aspetta anche un nuovo contratto?
«Sperò di sì. A giugno mi scade, abbiamo cominciato a parlarne con la società, il mio desiderio è quello di restare, fare il calciatore a Udine è una bellezza».
Detto da un romano suona un po’ strano...
«E perchè? Io a Roma ho la famiglia, gli affetti, ma confesso che farei fatica a viverci. Mio fratello ha solo il tempo per andare a lavorare e tornare a casa, qui la qualità della vita è molto più alta».
A Udine ha trovato l’amore...
«Sono fidanzato con Arianna, lei è una studentessa universitaria. Non ci ho ancora pensato bene, ma non escludo di fare di Udine la base della mia vita quando smetterò di giocare».
Provi a dire qualcosa di originale su Guidolin...
«Con noi il mister è come lo vedete in tv: teso, concentrato. Finita una partita, pensa già alla prossima. E questa sua filosofia l’ha trasmessa a noi. Del resto in una società come l’Udinese è giusto così visto che l’ambiente non ti dà molta pressione».
Non si è mai lasciato andare?
«Una volta: in occasione del balletto per la qualificazione Champions. Basta».
Lei la scorsa stagione l’ha vissuta tutta da spettatore. Hai mai pensato di non tornare più?
«No, questo no. Sono uno che lavora tanto, anche troppo, e forse per questo ho avuto problemi di infiammazione. Da queste esperienze ho imparato molto: a non arrabbiarsi per delle cavolate per esempio. E a convivere con i dolorini».
Di Natale quanto è importante per voi?
«Totò è con Ibra l’unico giocatore decisivo in serie A. Gli altri sono importanti, ma non decidono come questi due».
L’Udinese comincia il 2012 terza. Se diciamo la parola scudetto cosa risponde?
«Che noi dobbiamo pensare a una partita alla volta».
Un pensierino alla Coppa Italia lo fate?
«Sì, ne parlavamo proprio in spogliatoio. Poche partite ti possono portare alla finale. E poi non ci dispiacerebbe alzare un trofeo che tutti snobbano, ma solo all’inizio. E poi ci garantirebbe di disputare un’altra finale, quella della Supercoppa Italiana».
Lei è una sorta di jolly difensivo: terzino nella linea a quattro, esterno di centrocampo. Ma forse il suo ruolo ideale è quello di difensore nella linea a tre. Concorda?
«Sì, mi sento soprattutto un marcatore».
Prima uscita con il Bologna. Non se l’aspettava nessuno...
«Nemmeno io. Fino a sabato non ero sicuro nemmeno di essere convocato, poi neanche di andare in panchina e invece mi sono ritrovato in campo. Nessun timore, ho evitato di pensare e mi sono concentrato sulla gara».
L’obiettivo dell’Udinese per il 2012?
«Dare continuità, poi i punti conquistati sono un’altra cosa. Mollare sarebbe l’errore più grande».
Sembra di sentire Guidolin...
«Io sono un ottimista, ma anche un eterno insoddisfatto. Penso sempre che avrei potuto fare meglio».
Adesso ce lo può dire: il rigore su Milito c’era?
«Sì, tocco il pallone, ma poi lo travolgo. E protestando ho commesso una sciocchezza».
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