Da Trento, fucina di giovani, arrivano i complimenti alla Gesteco: «Cividale sa lavorare bene»
Coach Marco Crespi racconta il progetto dell’Aquila: «Chiunque vorrebbe allenare Ferrari e Marangon: hanno potenzialità»

L’Aquila Basket Trento si è affermata come un punto di riferimento nel panorama italiano. La società bianconera affonda le proprie radici in una programmazione minuziosa, che quest’anno ha raggiunto il suo apice con la vittoria della Coppa Italia di serie A. Tra i personaggi che hanno permesso questa scalata c’è Marco Crespi, figura eclettica del nostro basket: allenatore, opinionista, scout Nba. Dal 2022 è il direttore dell’Academy di Aquila Basket, oltre che player’s development coach, allenatore specializzato nel lavoro individuale. L’interlocutore ideale per approfondire uno dei modelli del basket del futuro e il lavoro con i giovani cestisti.
Coach, ci parli dell’Academy di Aquila basket.
«Per capire quello che facciamo a Trento si debba partire dall’Aquila come club. È una società speciale, che si sviluppa attraverso le idee di chi la guida e di chi ci lavora. Il progetto Academy si innesta in questo contesto, in un terreno dove bisogna produrre idee. Chi sceglie di venire da noi sposa una filosofia, raccolta in un claim: “Io non gioco a Trento, io vivo a Trento”. Ci occupiamo del campo e del fuori campo, per inserirli in un progetto che li formi come persone».
I frutti si vedono: Ellis, Niang, Hassan, Badalau…
«Il percorso di Saliou Niang è la miglior copertina di ciò che vogliamo fare. Oggi ci sono tanti ragazzi e genitori che avrebbero piacere di vedere loro figlio vivere a Trento. Credo che sia bello e stimolante: il club ha fatto bene fino adesso, il prossimo obiettivo deve essere guardare avanti per fare ancora meglio, inserendo idee nuove».
Assieme all’orgoglio c’é un po’ di preoccupazione nel vederli partire?
«No, credo sarebbe come dire: “meglio non vincere, poi fare secondo è peggio”. È importante lavorare guardando sempre avanti. Quando uno dei nostri ragazzi parte, per noi è una conferma che il lavoro del Club Aquila è di altissimo livello; non è una sconfitta, non “perdiamo pezzi”, ma anzi è una grandissima vittoria».
Come cambia il vostro lavoro con la rivoluzione dell’Nil?
«Il Nil è un’opzione che si aggiunge al termine del percorso giovanili. Nel lavoro quotidiano è una situazione reale che funge da ulteriore stimolo per i nostri ragazzi, non un competitor. Lavoriamo per essere al passo con i tempi, per adattarci alle situazioni che ci circondano. Tra 3 anni avremo una Lega europea guidata dalla Nba: bisogna guardare avanti e investire nella propria identità per trarre il meglio dai motori economici all’interno del mondo del basket».
Cosa pensa del lavoro della Gesteco Cividale?
«Partendo dalle due guide che lavorano a stretto contatto, Micalich e Pillastrini sanno identificare giocatori da eleggere. Stanno lavorando bene».
E di Marangon e Ferrari?
«Sono due giocatori con cui chiunque vorrebbe lavorare, hanno potenzialità. Se mi piacerebbe averli a Trento? Io mi occupo di lavoro in palestra, non di mercato».
Da specialista dell’allenamento individuale su quali aspetti si concentrerebbe?
«Premetto che parlo da spettatore esterno, per un’analisi accurata servono ore di video e di lavoro in palestra. Dovessi scegliere un aspetto per ciascuno, con Marangon lavorerei sul cambio di ritmo in palleggio, mentre con Ferrari sul costruire vantaggi anche dal mid-range».
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