Il re Mario Cipollini incorona il suo erede Milan: «Sono pronto a dargli consigli»

Quarantadue tappe al Giro, record. Quasi duecento vittorie allo sprint: Cipollini, per il ct Bennati, ora ha un velocista che gli somiglia

Antonio Simeoli
Il ciclista Mario Cipollini in maglia gialla festeggia sul podio dopo aver vinto la seconda tappa del Tour de France, 262 chilometri tra Saint-Valery-en-Caux e Vire il 07 luglio 1997. ANSA/PASCAL PAVANI
Il ciclista Mario Cipollini in maglia gialla festeggia sul podio dopo aver vinto la seconda tappa del Tour de France, 262 chilometri tra Saint-Valery-en-Caux e Vire il 07 luglio 1997. ANSA/PASCAL PAVANI

Quarantadue tappe al Giro, record. Quasi duecento vittorie allo sprint. Mario Cipollini ci risponde al telefonino, mentre si è appena gustato la volata di Milan.

Re Leone, ha visto che potenza?

«È una bella sensazione avere un atleta italiano che al Giro d’Italia domina la scena in volata. Questo è l’evoluzione della specie del velocista: un gigante dalla potenza incredibile, un velocista moderno che domina la scena».

Il ct Bennati dice che assomiglia a lei. È d’accordo?

«Assolutamente sì e guardandolo un po’ mi commuovo perchè lui va forte in pista, ha vinto le Olimpiadi nell’inseguimento a squadre e il quartetto a Montreal 1976 con Saronni l’ha fatto anche mio fratello Cesare che non c’è più. Con Jonathan è un po’ il cerchio che si chiude».

Dove può arrivare?

«Se vinci così non puoi che continuare a farlo dominando al Giro, ma anche al Tour de France. Le sue vittorie però mi mettono anche un altro velo di tristezza».

Perché?

«Immaginate se Milan, Ganna, Tiberi, De Marchi e gli altri corridori italiani, e ne abbiamo di validi, corressero in una squadra italiana con un nome italiano, sponsor italiani, testa italiana. Immaginate Ganna che tira la volata a Milan invece di attaccarlo a 50 km dalla fine come ieri. O viceversa».

Purtroppo non è così...

«Purtroppo i nostri corridori, e ce ne son di fortissimi, ormai corrono nelle squadre straniere. Spesso devono fare i gregari. Ai miei tempi io, Bartoli, Pantani, Bettini muovevamo il ciclismo mondiale con le nostre squadre italiane. Così, invece, la terra del ciclismo diventa marginale. E questo a causa dei dirigenti sportivi che in questo sport non hanno fatto le cose per bene, non hanno avuto una visione. Invece dovrebbe accadere che i nostri giovani si ritrovino a puntare ad entrare in un progetto di una squadra italiana».

Cipollini, dove può migliorare Milan?

«A volte non è bello da vedere in volata, non ha il migliore posizionamento, ma è giovane. Ha una squadra forte e sta migliorando. Mi piacerebbe, se lo desidera, dargli qualche consiglio».

Allora Milan le ricorda il giovane Cipollini?

«A Udine al Giro 1990 vinsi a 23 anni una volata così. Ecco, Jonny ha 23 anni come me allora».

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