In Slovenia va avanti la guerra del carburante: Petrol protesta contro il governo e chiude quattro stazioni
Dopo l’estensione del tetto ai prezzi anche alle autostrade, anche il colosso Mol pronto a rivedere i propri investimenti nel Paese

Prima una buona notizia, almeno all’apparenza, seguita subito dopo da una nuova, inaspettata doccia fredda. Sembra inasprirsi, nella vicina Slovenia, la “guerra del carburante”, ovvero l’aspra disfida che vede confrontarsi le compagnie che vendono benzina e diesel e il governo di Lubiana, che ha deciso a metà giugno di mantenere il tetto ai prezzi di carburante, introdotto nel 2022, estendendolo anche ai distributori che operano sulla rete autostradale, finora esclusi dalle misure.
Guerra che avrebbe dovuto registrare ieri una nuova escalation, protagonista il colosso sloveno Petrol che, nei giorni scorsi, era salito sulle barricate contro le autorità al potere, annunciando bellicosamente tagli agli investimenti e alle sponsorizzazioni, ma soprattutto una serrata di un’ora delle pompe di benzina attive fuori dalle rete autostradale. Serrata che è stata tuttavia annullata da Petrol in zona Cesarini, dopo che la Società slovena per la gestione delle partecipazioni statali (Ssh) – che controlla il 12,7% del pacchetto azionario, con lo Stato che detiene circa un terzo attraverso partecipazioni dirette e indirette – ha “suggerito” al management Petrol di fare marcia indietro. Evitando proteste clamorose e «ingiustificate dal punto di vista commerciale» – come appunto una serrata, anche se solo di un’ora – che avrebbero potuto causare «danni agli azionisti e all’azienda» stessa, ha fatto sapere la Ssh a Petrol.
Suggerimenti o avvertimenti più pesanti? La seconda lettura appare la più realistica, dato che l’equivalente sloveno di quello che in Italia fu l’Iri ha fatto sapere a Petrol di essere pronta a usare «tutti i mezzi» legali a disposizione per contrastare la serrata. Petrol, tuttavia, non ha fatto una marcia indietro totale, anzi.
L’azienda, che nei giorni scorsi aveva definito il tetto ai prezzi del carburante «insostenibile già da tempo e ora è stato ulteriormente peggiorato» con l’estensione alle autostrade, ha infatti ieri preso comunque delle decisioni controverse, seppur già anticipate. Nell’ambito di una «ottimizzazione» delle operazioni, Petrol ha così deciso di chiudere quattro distributori a Petrina, Črni Vrh, Solčava e Podkoren, aree rurali ora messe in gran difficoltà dalla scelta operata. Costringendo gli abitanti dell’area interessata a «dover guidare per trenta chilometri fino a Kočevje per rifornirsi di benzina, diesel e olio combustibile», ha spiegato la sindaca di Kostel, Nataša Turk, commentando la chiusura del distributore di Petrina – che ospita attualmente anche un ufficio postale, un piccolo negozio e un bancomat, servizi fondamentali per la popolazione locale.
La colpa non è dell’azienda, il governo riduca «il prezzo al dettaglio» dei carburanti «tagliando le accise, le più alte nella regione, soprattutto se paragonate alla Croazia», ha spiegato da parte sua Petrol. Petrol che, tuttavia, non è sola nella sua battaglia. A rendere il quadro ancora più esplosivo, ieri, la discesa in campo del colosso magiaro Mol. Che ha suggerito di condividere la lettura secondo la quale le mosse del governo sloveno mettono a rischio le aziende che vendono carburanti. Mol che ha evocato addirittura un “rilettura” degli investimenti già pianificati e di tutte le attività in Slovenia.
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