Sanità in Fvg, scontro frontale in Consiglio regionale. Fedriga: «Terzo mandato? Ossessione dell’opposizione»

In aula la mozione sull’azione di governo su cui il 1° luglio si voterà la fiducia. Schermaglie sulla sanità. Il centrosinistra graffia: «Crisi legata al destino del presidente». Che ribatte: «Tema mai affrontato»

Piero Tallandini
L'intervento del governatore Fvg, Massimiliano Fedriga
L'intervento del governatore Fvg, Massimiliano Fedriga

Scontro frontale in Consiglio regionale sulla mozione portata in aula dal centrodestra con l’obiettivo di archiviare la crisi scoppiata poco più di un mese fa in seguito alle dichiarazioni sulla sanità del ministro meloniano Luca Ciriani, con sette assessori non appartenenti a Fdi che avevano rimesso le deleghe nelle mani del governatore Massimiliano Fedriga.

Lo scontro

La mozione 158 sull’ “aggiornamento del programma di governo” che impegna il Consiglio a proseguire la legislatura «riconoscendo nella figura del presidente Fedriga il garante ed arbitro della coalizione» è diventata così, mercoledì, il pretesto per accendere un confronto in cui l’opposizione è andata all’assalto impugnando anzitutto la questione del terzo mandato come arma dialettica per colpire Fedriga e la maggioranza.

Il terzo mandato

Quel terzo mandato, così divisivo per gli equilibri nazionali Lega-Fdi, tanto caro al governatore, ma dal quale mercoledì lo stesso Fedriga ha cercato di smarcarsi nel suo vibrante intervento di replica in Aula, contestatissimo dal centrosinistra.

Ma il match verbale nell’emiciclo di piazza Oberdan ha proposto anche un tuffo spazio-temporale nell’era Serracchiani, innescato proprio dal tema all’origine della crisi: la sanità.

La mozione di fiducia

Sulla mozione proposta dai capigruppo Antonio Calligaris (Lega), Mauro Di Bert (Fp), Claudio Giacomelli (Fdi) e Andrea Cabibbo (Fi) con l’obiettivo di «dare continuità all’azione di governo che ha garantito crescita economica, occupazionale e conoscibilità» al Fvg, Fedriga ha posto la questione di governo, che sarà votata con appello nominale il 1° luglio: si chiederà, quindi, di confermare la fiducia nell’esecutivo.

L’atto punta ad aggiornare il programma su una serie di temi-chiave a cominciare dalla sanità per la quale viene rimarcata l’urgenza di proseguire la riforma resa necessaria «dalla complessa situazione ereditata (leggasi, colpa della giunta Serracchiani ndr) sia dal punto di vista finanziario che organizzativo».

Si parla anche dell’esigenza di rafforzare l’autonomia con la modifica dello Statuto e della necessità di una nuova legge elettorale regionale in vista della trasformazione degli Edr nei nuovi enti elettivi e perché quella attuale «ha evidenziato criticità». Ma nessun accenno al terzo mandato.

A illustrare la mozione in Aula è stato Calligaris che ha aperto così un dibattito che ha visto l’opposizione partire subito all’attacco.

L’opposizione 

«Questa mozione mette fine alla farsa che si è aperta qualche settimana fa – così il capogruppo del Patto, Massimo Moretuzzo – . Una mozione in cui non viene toccata nessuna questione fondamentale. Il presidente ne esce pesantemente indebolito. Il terzo mandato è stato di fatto affossato. Era il vero elemento scatenante di questa crisi, legato al destino personale del presidente».

«La mozione non dice nulla sugli aspetti programmatici» ha sostenuto il capogruppo del Pd Diego Moretti e riguardo al tema sanità, «si cita “la complessa situazione ereditata”: ma se state governando voi da sette anni?».

La replica 

Di fronte alle critiche Fedriga ha preso la parola respingendo in particolare l’accusa che la discussione interna abbia avuto come questione centrale il terzo mandato: «È una vostra ossessione, non di questa maggioranza – ha detto rivolto all’opposizione –. Voi non sapete far altro che parlare del terzo mandato, con il terrore che qualcuno possa approvarlo. Vi assicuro che non è una priorità di questa presidenza e di questa giunta, non è mai stato toccato nella discussione interna della maggioranza. Ma se può essere la coperta di Linus alla quale aggrapparvi, tenetevela stretta».

Poi, la necessità di cambiare la legge elettorale. Bisogna «trovare un sistema che garantisca una rappresentanza importante della minoranza – l’affondo di Fedriga –, ma senza uno stravolgimento della volontà popolare che premi un partito di opposizione più di un partito di maggioranza votato da un numero più alto di elettori. Certo, sappiamo che voi del Pd siete abituati a prendere meno voti e avere più seggi».

Su modifica dello statuto e referendum confermativo «l’idea è prevedere il quorum – ha continuato –, perché non sarebbe giusto che una modifica votata dal Consiglio legittimamente eletto venisse sconfessata dal 2% che va a votare».

Infine, la difesa della mozione («non riscrive il programma di governo, puntualizza e rafforza quello attuale») e dell’operato dell’esecutivo: «Dite che abbiamo sbagliato tutte le scelte, che buttiamo via i soldi, eppure il gettito fiscale cresce, la disoccupazione diminuisce, l’export è a livelli record. Evidentemente siamo tanto fortunati».

A fare quadrato attorno al presidente sono stati in primis i capigruppo. Giacomelli, ribadendo che le ultime settimane non hanno minimamente intaccato il sostegno di Fdi, ha confermato la «piena fiducia del partito a Fedriga e agli assessori».

Per Di Bert «la mozione rilancia l’azione amministrativa verso un orizzonte stabile, certo e condiviso». Cabibbo ha affermato che la maggioranza «prosegue sugli assi strategici del programma» riconoscendo che «il modello della coalizione di centrodestra è un valore in sé, non la somma dei singoli partiti».

Da Roma

Ma gli echi dello scontro in Aula si sono sentiti anche fuori. La deputata del Pd Debora Serracchiani chiamata in causa, come ex governatrice, da quel passaggio sulla sanità che allude alla “situazione ereditata”, ha replicato: «Dopo quasi otto anni stanno ancora a scaricare il barile sull’amministrazione precedente. E la mozione di fiducia è l’autodenuncia del fallimento di due mandati del centrodestra. Hanno avuto l’opportunità di fare tanto con tantissimi soldi, amplissima maggioranza e consenso, ma sono in piena crisi». —

 

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