Tra scavi e nuovi tesori: ad Aquileia rinasce il foro romano
La Fondazione ha avviato un progetto di restauro del settore orientale dell’area. Corciulo: «Un primo tassello, sarà realizzato un collegamento tra tutti i siti»

L’antica piazza del foro di Aquileia misurava 142 per 56 metri. Furono necessari circa 60 mila mattoni per realizzare la sottofondazione del lastricato, 1.500 metri cubi di calcare di Aurisina per le lastre, altri 800 per costruire la massicciata di base.
A ricostruire con precisione l’assetto dell’antica piazza sono le recenti ricerche avviate nell’ambito del piano di restauro che la Fondazione Aquileia ha intrapreso nel settore orientale del foro, sotto la direzione scientifica della Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia.
I lavori sotto la direzione dell’architetto Roberto Franco prevedono il completamento dei drenaggi che assicurano, assieme alle pompe idrovore, il prosciugamento costante dell’area del foro.

Si tratta di un intervento molto atteso perché interessa per la prima volta sistematicamente l’intero complesso monumentale. «Il restauro della parte orientale del foro rappresenta un intervento di grande importanza nel programma pluriennale della Fondazione Aquileia, indirizzato al restauro, sistemazione e valorizzazione delle aree archeologiche conferite dal Ministero della Cultura – afferma il presidente Roberto Corciulo –. Dopo quasi novant’anni, è la prima volta che si mette in atto un lavoro sistematico di questo tipo. Per noi questo è il primo tassello di un ambizioso progetto di restauro dei grandi monumenti al centro della città romana, cioè il porto fluviale, il foro e il decumano di Aratria Galla, e di collegamento delle stesse aree archeologiche, con un percorso di quasi un chilometro dal porto fino al Sepolcreto che permetterà ai visitatori di misurare davvero l’ampiezza dell’antico centro».
L’intervento costituisce anche la prima applicazione sul campo di un importante protocollo per la conservazione programmata e la manutenzione tecnologica del sito.
A tracciare le linee seguite nel lavoro di restauro è l’architetto Cristiano Tiussi, direttore della Fondazione. «La conservazione programmata è un obiettivo prioritario per la Fondazione - afferma Tiussi – poiché solo una manutenzione ordinaria costante e puntuale nel tempo può assicurare a più lungo termine gli effetti e i benefici delle operazioni di restauro che si stiamo mettendo in campo, e nel contempo permette di avere sempre sotto controllo lo stato degli impianti tecnologici (illuminazione, sistema di pompaggio...) presenti nelle aree archeologiche, in modo tale da prevenire eventuali guasti e intervenire tempestivamente ».
Assieme alle strutture conservate nell’area, sono oggetto di restauro anche numerosissimi reperti architettonici sparsi sull’antica piazza. Per questi ultimi sono previsti lo studio e la catalogazione in collaborazione con le università regionali per procedere alla ricomposizione del sistema architettonico del complesso e successivamente alla loro esposizione al pubblico.
In accordo con la Soprintendenza sono state inoltre condotte alcune indagini archeologiche, in particolare nell’area delle botteghe alle spalle del colonnato.
«La ricerca archeologica costituisce il primo, imprescindibile passo per comprendere le dinamiche insediative di un sito nei diversi periodi e per pianificare una efficace azione di sistemazione, infrastrutturazione e comunicazione delle aree archeologiche che vada a vantaggio dei visitatori» dicono il direttore Cristiano Tiussi e Serena Di Tonto, archeologa della Soprintendenza. «Lo scavo delle botteghe ha confermato la perfetta modularità già vista in passato, ma anche di evidenziare le fasi precedenti delle stesse, fino a raggiungere i livelli sterili, e quelle successive alla loro defunzionalizzazione nell’alto Medioevo, prima che l’intera area venisse invasa da acque palustri e che del cuore della città antica si perdesse per molti secoli perfino la memoria».
Un intervento che ha richiesto un lungo confronto nella lunga fase di impostazione e in quella esecutiva con la Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio del Fvg, con i Soprintendenti Simonetta Bonomi, Andrea Pessina e Valentina Minosi.
«La Soprintendenza – afferma Valentina Minosi – sta seguendo con costante attenzione il cantiere di restauro in corso; il confronto tra i nostri funzionari, l’archeologa Serena di Tonto, la restauratrice Micol Siboni e l’architetto Gabriele Botti, e i tecnici coinvolti è costante e ha lo scopo di affinare le metodiche concordate durante il cantiere pilota onde addivenire ad una soluzione rispettosa della materia antica e tale da favorire la valorizzazione dei luoghi e del loro portato storico, comprendendo anche le trasformazioni apportate con i restauri del Novecento». Il 14 giugno, nell’ambito delle Giornate Europee dell’Archeologia, il foro sarà parte delle aree visitabili.
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto