Dal fare al disfare: aneddoti e retroscena di trent’anni di politica raccontati da Saro
In una sala affollata di amministratori l’ex senatore ha presentato il suo libro. Nella carrellata dei ricordi, molti da protagonista, non è stato risparmiato nessuno

Ci hanno provato in tanti a catalogarlo, affibbiandogli soprannomi più o meno bonari. Mister Massey Ferguson per la passione verso trattori e mondo agreste, “il ragno” per la capacità di tessere la tela della politica nostrana, il dottor Sottile per l’acutezza del suo pensiero. Ma la sintesi migliore su ciò che l’ex senatore Ferruccio Saro ha rappresentato, e ancora rappresenta, per la politica regionale è il titolo del suo libro, “Fare e Disfare”, scritto assieme al giornalista Alberto Terasso.
«Alle medie, alla domanda su cosa volessi fare da grande – ha rivelato –, ho risposto il senatore. Ero affascinato dal mondo romano».
Un predestinato, si direbbe oggi. Un nome, quello di Saro, sulla scena politica da mezzo secolo, che ieri, all’auditorium Impero di Martignacco, è stato protagonista della presentazione del volume mandato alle stampe dalla Corvino Edizioni.
Un evento battezzato da una platea di grande livello politico, a cominciare dalla presenza di tre ex presidenti di Regione: Roberto Antonione, Renzo Travanut e Alessandra Guerra. Non da meno il team che Terasso e Saro hanno scelto per dialogare con loro: Roberta Giani, direttrice de Il Piccolo, Paolo Mosanghini, direttore del Messaggero Veneto, e Tommaso Cerno, direttore de L’Identità.
Una cavalcata negli ultimi 30 anni di politica del Friuli Venezia Giulia, tra frecciatine, rivelazioni e racconti dei movimenti fuori e dentro i palazzi del potere. «Dal 2003, con l’elezione diretta del primo presidente – ha subito chiarito Saro – il consiglio regionale non ha più contato nulla, e la conseguenza è stata il crollo della qualità della politica regionale».
Non banali gli aneddoti riportati, dalla rinuncia alla presidenza della Regione a favore di Antonione – «non mi sentivo abbastanza sostenuto dalle categorie e dall’opinione pubblica del Friuli» –, a quando favorì la permanenza della famiglia Pozzo alla guida dell’Udinese – «è merito loro se Udine ha ancora una squadra in serie A» – fino allo “scippo” dal bilancio regionale di 500 miliardi per destinarli al Friuli «senza che i consiglieri se ne accorgessero». Immancabile un riferimento a Bettino Craxi: «Gli sono grato, era una persona che emanava carisma, e avevo paura di lui quando veniva a Udine». Diversi i protagonisti della politica regionale presenti in sala: Alessandro Tesini, Roberto Visentin, Gianfranco Carbone, Carlo Pegorer, Beppino Zoppolato, Sandra Telesca. «Ferruccio c’è sempre stato sulla scena e sul retroscena della politica. Sapeva ciò che accadeva a casa sua, ma anche in quella degli altri», ha detto Giani, richiamando gli anni da cronista politica.
Mosanghini l’ha definito «un santone laico, a cui in tanti si rivolgono per risolvere i problemi, per ottenere chiarimenti, per indirizzare il corso della politica». Cerno, invece, l’ha descritto come «un bambino imprigionato nel corpo di un adulto, capace di tenere vivo l’ideale della politica».
Non sono mancati gli “appunti” politici: a Edy Morandini, «sorteggiato» per guidare la lista di Fedriga a Udine – «è noto per essere un vero leader politico» – e all’ex governatore Renzo Tondo: «Ha preso subito le distanze da me: pensava di essere diventato presidente per merito suo». Dichiarandosi «elemento di stabilità nei sistemi», Saro ha ammesso di non condividere «immobilismo e conservazione». E dopo l’accenno di Mosanghini al comportamento «compulsivo del controllo» dell’ex senatore, ci si è soffermati su coloro che Terasso ha definito «gli apparentemente distanti».
Di facciata acerrimi nemici, in realtà tra i primi ad andare da Saro a chiedere consigli. Un nome su tutti? Roberto Asquini. Preoccupato per il dato dell’astensionismo, Saro ha chiuso con la ricetta per rilanciare il Fvg: «Ricostruire identità e comunità. Senza, il mondo politico continuerà a essere instabile».
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