«Stipendio alto e passione, ma difficile costruire il domani»: i due volti della vita da stagionale

Matteo Morandini, 22 anni di Reana del Rojale, lavora in un albergo in Alto Adige. Il suo è un esempio positivo, ma il limite resta quello della precarietà. «Destagionalizzare potrebbe essere la strada»

Edoardo Di Salvo
Matteo Morandini, 22 anni, gestisce il reparto pasticceria di un hotel in Alto Adige
Matteo Morandini, 22 anni, gestisce il reparto pasticceria di un hotel in Alto Adige

«Sono felice, lavorare nel turismo è la mia passione: certo, con i contratti da stagionale una casa non me la posso comprare». La storia di Matteo Morandini, 22enne di Reana del Rojale, racconta molto delle due facce del mondo di chi è impegnato in questo settore. Da un paio di anni gestisce il servizio di pasticceria in un hotel quattro stelle di San Vigilio di Marebbe, in Alto Adige: un ruolo che lo soddisfa sia a livello professionale sia economico, ma che, come quasi tutto il personale che fa parte di questo ambito, lo costringe ad alcune rinunce. «Al momento non mi pesano, la mia è una scelta di vita e sto bene così. Ma diventa difficile costruire il domani».

Il suo, ad ogni modo, è un esempio positivo. Ha conseguito la qualifica professionale in pasticceria, panetteria e gelateria presso il Civiform di Cividale, poi il diploma presso l’istituto Stringher e sin da subito ha avuto numerose offerte lavorative. «Perlopiù contratti di apprendistato, utili a imparare la professione: in Friuli ho trovato sempre imprenditori onesti». A sedici anni lo stage in Alto Adige che lo ha fatto innamorare del livello dell’accoglienza di quel territorio, e che lo ha convinto a tornare. 

Lì si sente valorizzato, sia al livello personale si economico. Ha un ottimo stipendio, (più di 2 mila euro al mese, e vitto e alloggio sono inclusi), e i turni sono ben organizzati. «La sua giornata lavorativa – racconta – inizia alle 8 con il servizio del mattino, che dura fino alle 13. Nel pomeriggio ho almeno quattro ore libere fino alle 17.30, quando prepariamo una merenda per i clienti che rientrare in albergo dopo lo sci e o le passeggiate, in base alla stagione». Poi inizia il servizio della cena, che si protrae fino alle 21.30-22 massimo, in altissima stagione. «Tutto questo per sei giorni su sette, il giorno di riposo non si salta mai».

Ma il limite resta quello della precarietà. I soldi arrivano per otto mensilità l’anno, e, con i contratti rinnovati di stagione in stagione, diventa impossibile programmare una parvenza di futuro. «Lavoro da giugno a settembre, poi da fine novembre a marzo/aprile. Tre mesi restano scoperti». Nell’hotel dove attualmente lavora alla fine di ogni stagione verificano le disponibilità del personale per il periodo successivo, e si firmano dei precontratti, che comunque hanno un periodo temporale definito. Ed è un inquadramento contrattuale che nel settore coinvolge la maggioranze del personale, anche in età adulta e con più esperienza alle spalle. 

Ma, secondo Matteo, una soluzione può arrivare dalla destagionalizzazione. «In Alto Adige sempre più aziende del turismo stanno andando in quella direzione. Contratti a tempo indeterminato anche in questo comparto, quella può essere la strada». La sua speranza è quel modello si possa esportare anche in Friuli: «Penso che per la nostra costa la chiave sia rendere le posizioni di lavoro più appetibili, magari con sistema di welfare e salari ad hoc». Proposte chiare e sentite, d’altronde per Matteo il Friuli rappresenta casa: «Un giorno mi piacerebbe tornare lì», confessa. In futuro si vedrà, al momento c’è ancora una vita in costruzione, una Sacher dopo l’altra.

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