Sfrattato, viveva in auto per non lasciare i suoi cani: Danilo è morto a 59 anni

Danilo Furlanetto, trevigiano, aveva raccontato senza filtri la sua vita difficile, tra la salute precaria, l’assenza di una casa e la volontà incrollabile di non separarsi dai suoi cinque cani

Savina Trevisiol
Danilo Furlanetto, l'uomo che viveva in auto con i suoi 5 cani, è morto a 59 anni
Danilo Furlanetto, l'uomo che viveva in auto con i suoi 5 cani, è morto a 59 anni

Si è spento il giorno di Ferragosto, a 59 anni, in ospedale, dove era stato ricoverato per curare un’infezione che aveva aggravato le sue condizioni già fragili.

Così si è conclusa la triste vicenda di Danilo Furlanetto, l’uomo di San Biagio, in provincia di Treviso, che aveva raccontato senza filtri la sua vita difficile, tra la salute precaria, l’assenza di una casa e la volontà incrollabile di non separarsi dai suoi cinque cani.

Con lui, negli ultimi anni, ha vissuto il fratello Luca, 57 anni, mentre l’altro fratello Andrea è rimasto un punto di riferimento familiare.

Le esequie saranno celebrate mercoledì 20 agosto alle 15 nella Parrocchia della Presentazione della Beata Vergine Maria di Mignagola, in provincia di Treviso.

LO SFRATTO

La svolta nella vita di Danilo era arrivata quando la nuova proprietaria dell’abitazione, in cui viveva in affitto con il fratello, aveva chiesto lo sgombero. In un primo momento aveva mostrato comprensione, permettendo ai due di rimanere in un garage durante i lavori di ristrutturazione.

Era stata una sistemazione provvisoria, che aveva consentito a Danilo di prendere tempo, ma quando la donna aveva deciso di trasferirsi nell’immobile, aveva dovuto riprendere in mano la situazione e chiedere l’uscita definitiva.

Da quel momento Danilo aveva scelto di non separarsi mai dai suoi cinque cani. Pur senza un tetto, aveva dormito per settimane in auto, poi in capannoni o spazi improvvisati messi a disposizione da conoscenti.

I servizi sociali lo seguivano e gli avevano offerto accoglienza in strutture d’emergenza, ma nessuna di queste ammetteva animali e lui aveva sempre specificato che il suo non era un problema economico, perché avrebbe potuto pagare un affitto se avesse trovato una sistemazione adeguata alla situazione.

LE DENUNCE SUI SOCIAL

Nei mesi più difficili, Danilo aveva scelto i social come spazio di racconto cercando di trasmettere non solo la durezza della sua condizione, ma anche la volontà di non arrendersi.

Raccontava la sua quotidianità, le difficoltà, la precarietà di vivere in spazi inadatti a una persona malata.

Condivideva anche i passaggi burocratici legati alla domanda per le case popolari: sosteneva di essere stato penalizzato nell’ultima graduatoria di giugno scorso perché risultava essere uscito di casa volontariamente senza uno sfratto esecutivo dei carabinieri e di un giudice, convinto che senza quella riduzione di punteggio avrebbe avuto la possibilità concreta di ottenere un alloggio poiché sarebbe risultato primo assegnatario.

Insieme alle denunce, però, non mancavano i ringraziamenti: Danilo ricordava spesso l’importanza della solidarietà e in particolare di chi dona il sangue, consapevole che le trasfusioni frequenti erano per lui indispensabili per mantenere stabile la propria salute.

il dibattito

La sua vicenda ha aperto una discussione pubblica sulle rigidità burocratiche e sulle risposte delle istituzioni: il Comune aveva più volte manifestato la disponibilità ad accoglierlo in alloggi temporanei, ma la questione degli animali era rimasta irrisolta. Così, fino all’ultimo, è rimasto fedele a se stesso, affrontando le difficoltà con coerenza e determinazione.

Oggi resta l’immagine di un uomo che, pur vivendo in una condizione di marginalità, ha saputo mantenere una dignità e una coerenza che hanno colpito chi lo ha conosciuto. L’epigrafe scelta dai familiari lo ricorda con parole semplici e luminose: «Ogni volta che sorrideva, portava il sole a chi lo incontrava».

Un ricordo che oggi resta nei fratelli, nei parenti e in quanti hanno seguito la sua storia, testimoniando che anche nelle condizioni più dure la dignità personale può diventare una lezione per tutti.

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