Dall’Italia all’Ucraina in moto per salvare vite: consegnati kit salvavita negli ospedali pediatrici

Tra i protagonisti Enzo Uliana, volontario friulano alla sua cinquantesima spedizione nelle zone di guerra. Partiti aiuti anche dal Veneto

Alessandra Ceschia
Sono partiti per portare aiuti e medicine negli ospedali colpiti dalla guerra in Ucraina
Sono partiti per portare aiuti e medicine negli ospedali colpiti dalla guerra in Ucraina

Correre per 3.600 chilometri sotto la pioggia per portare aiuto agli ospedali pediatrici di Leopoli e Kiev, sventrati dai bombardamenti e ridotti ad aree di emergenza per civili e militari feriti da una guerra che dura da più di tre anni e che sembra non poter avere fine. Correre in moto incuranti delle sirene che annunciano nuovi arrivi di droni, nuovi morti custodendo il prezioso carico sanitario comprato attraverso una raccolta fondi per salvare qualche vita, laddove la vita sembra aver ormai perso ogni valore.

È una missione che ha molte anime quella partita da Ragusa. Quella friulana ha il volto di Enzo Uliana, 60 anni, ex tecnico della Fantoni in pensione con all’attivo una cinquantina di spedizioni in Ucraina per portare viveri, abiti, fondi e quant’altro possibile.

Stavolta il suo affondo nelle terre insanguinate dal conflitto è avvenuto attraverso una staffetta articolata in sette tappe organizzata in collaborazione con International Rescue program (Irp) cui si sono aggregati l’Associazione motociclisti rotariani italiani. Tutto è partito con un crowfunding con il quale sono stati raccolti 12 mila euro destinati all’acquisto dei kit di chirurgia vascolare materiale indispensabile per salvare vite umane negli ospedali in cui l’attrezzatura ormai scarseggia.

«L’idea è nata durante uno dei miei viaggi in Ucraina – racconta Uliana – mentre stavo espletando le formalità alla dogana ho conosciuto un volontario di Padova che pure era impegnato nell’attività di volontariato in Ucraina».

Al centro della staffetta c’è l’attività di Mauro Migliore anestesista rianimatore iscritto all’ordine dei medici di Padova, il progetto è stato sponsorizzato dall’Amri rappresentato dal presidente Mario Cugno e dal presidente tesoriere Francesco Amico con il contributo della Banca agricola popolare siciliana, la partecipazione fattiva del presidente dell’Ifmr Carlo Linetti e del moto club Polizia di Stato attraverso i suoi rappresentanti e di Senza Confini, l’associazione friulana cui appartiene Uliana. La partenza da Palermo l’11 maggio, quindi la staffetta fra Napoli, Roma e Padova dove si sono aggiunte altre persone alla carovana di moto diretta in Ucraina. Quindi Portograuaro dove Uliana ha raggiunto il gruppo.

Nove i componenti della spedizione di cui sei in moto, gli altri, compreso il medico padovano e un infermiere di Roma, a bordo di un’auto che trasportava le attrezzature mediche. Da lì le tappe: Portogruaro-Vienna, Vienna Leopoli, Leopoli Kiev e ritorno.

«Gran parte del viaggio l’abbiamo fatta sotto la pioggia – racconta Uliana che è appena rientrato –, le temperature erano piuttosto basse e l’allarme scattava spesso. Purtroppo, quello che sconvolge è constatare che la guerra ormai ha spazzato due generazioni di uomini. In molti paesi ormai si vedono solamente donne, bambini e anziani. Negli ospedali pediatrici che nel tempo si sono aperti per ospitare ragazzi con gli arti amputati e con le facce devastate dagli scoppi, le sale operatorie lavorano ininterrottamente, ma ormai non mancano solo i soldati da mandare al fronte, mancano anche gli infermieri e i medici, oltre all’attrezzatura per curare i feriti».

Quella che hanno portato negli ospedali serve a salvare otto o dieci vite. Potrebbe sembrare poco, in realtà per qualcuno è tutto.

«Ho parlato con donne che sono stati fatti prigionieri tre anni fa e che ancora ne parlano come se fossero vivi – racconta Uliana –, con persone che hanno lasciato nelle terre ormai occupate dai russi case, alberghi, con madri che hanno perso figli, ragazze che non hanno più un fratello».

Drammatica la tappa all’ospedale pediatrico Okhmatdyt di Kiev centrato da missile russo il 9 luglio del 2024 e ancora fortemente lesionato, dove la staffetta ha consegnato parte del materiale al direttore dell’ospedale. E la successiva tappa in piazza Maidan trasformata un’immensa distesa di bandiere e di foto di ragazzi uccisi al fronte, un tappeto giallo azzurro che si tinge di tricolore italiano, ma anche dei colori di Norvegia, Gran Bretagna, Canada, Svezia e di altre nazioni. 

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto