Appalti truccati per 10 milioni di euro: maxi frode da Treviso a tutta Italia, 99 indagati

Quaranta appalti pubblici irregolari grazie al consorzio trevigiano Egb Group che ne agevolava l’assegnazione e in cambio riceveva una provvigione pari al 3 per cento del valore dei lavori. L’inchiesta della Finanza finisce anche all’attenzione della Corte dei Conti per danno erariale

L'inchiesta sugli appalti truccati è partita da Treviso
L'inchiesta sugli appalti truccati è partita da Treviso

Un articolato sistema di frode negli appalti pubblici è stato scoperto dai finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Treviso, al termine di un’indagine coordinata dalla Procura della Repubblica trevigiana.

Al centro dell’inchiesta Ebg Group, un consorzio stabile con sede operativa nel capoluogo e sede legale a Bologna, già destinatario di un’interdittiva antimafia risalente al 2024. Dalle indagini emerge che tra il 2019 e il 2020 la società ha agevolato l’assegnazione truffaldina di appalti nel settore dell’edilizia per un valore complessivo di oltre 10 milioni di euro.

Ben 99 persone — tra rappresentanti legali delle aziende coinvolte e Responsabili Unici del Procedimento (RUP) — sono state segnalate alle autorità competenti. Si muovono anche le Corti dei Conti regionali. Le accuse sono di turbativa libertà degli incanti e autoriciclaggio, quest’ultima nei confronti del rappresentante legale del consorzio, un sessantenne padovano, per aver trasferito all’estero i proventi dell’attività illecita. 

Secondo quanto emerso, il consorzio, formalmente in possesso delle certificazioni Soa (Società di organismo e attestazione) necessarie per partecipare a gare pubbliche, avrebbe finto di mettere a disposizione i propri requisiti tecnici e organizzativi a favore di circa 40 società operanti su tutto il territorio nazionale. 

Il consorzio aveva fatto cresce il proprio volume d’affari offrendo una scorciatoia ben architettata per partecipare ad appalti per commesse superiori ai 250 mila euro che appunto per legge richiedono alle società partecipanti l’attestazione Soa.

Le imprese, avvalendosi di questa copertura, sono riuscite ad aggiudicarsi commesse pubbliche, ma il consorzio, nella fase esecutiva, non ha mai fornito mezzi, risorse o personale, come previsto dal contratto di avvalimento. 

Il consorzio, in cambio di questo “servizio”, riceveva una provvigione pari al 3% del valore dell’appalto: un sistema collaudato che ha fruttato oltre 200 mila euro, poi fatti transitare su conti correnti intestati a società collegate al rappresentante legale del consorzio stesso e a suoi familiari.

Il denaro, secondo quanto accertato dai finanzieri, sarebbe stato successivamente dirottato verso società con sede in Romania, sempre riconducibili allo stesso soggetto. Per questo motivo, l’uomo è stato segnalato anche per il reato di autoriciclaggio.

In totale, sono state trasmesse segnalazioni a 35 Procure della Repubblica in tutta Italia per il reato di turbata libertà degli incanti a carico di 99 persone ricollegabili alle società che pur di aggiudicarsi gli appalti hanno fatto ricorso alla copertura, seppur solo formale, fornita dal consorzio. Inoltre, sono state coinvolte 14 Procure regionali della Corte dei Conti per il danno erariale stimato in oltre 10,3 milioni di euro, pari al valore totale degli appalti aggiudicati in maniera fraudolenta.

L’operazione si inserisce nell’ambito della costante attività della Guardia di Finanza per la tutela della legalità e della trasparenza nella Pubblica Amministrazione, con l’obiettivo di contrastare le distorsioni nel sistema degli appalti pubblici che penalizzano le imprese oneste e aprono la porta a infiltrazioni della criminalità economica nei circuiti produttivi legali.

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