Le sorelle Meloni e il potere che logora l’amore
Dopo Giorgia, Arianna. Tutte e due di nuovo single da quando sono ai vertici. Dopo Giambruno, Lollobrigida. La politica italiana negli ultimi venti anni si è americanizzata. Francamente, non sembra un progresso

E due. Almeno sul fronte sentimentale, il potere logora chi ce l’ha. Dopo Giorgia, anche Arianna Meloni si separa dal compagno, Francesco Lollobrigida, di professione ministro dell’Agricoltura.
Lo annuncia lei stessa in un’intervista al “Foglio” dove, in mezzo a molte spericolate attestazioni di stima per l’ex, «solido, onesto e con una grande preparazione», ammette che «non stiamo più insieme da un po’. Il nostro progetto politico va avanti, i nostri rapporti personali sono ancora solidi, l’affetto e la stima rimangono intatti», anche perché in comune ci sono due figlie, ma «poi l’amore è un’altra cosa».
Tanto doveva, la first sister, alla «curiosità morbosa», sempre parole sue, della pubblica opinione. Poi, magari, ai morbosi resta il sospetto che le news sentimentali servano a far dimenticare quelle fake sull’inchiesta che coinvolgerebbe Arianna, annunciata dai giornali di corte con contorno di indignazioni e vittimismi e che, per la verità, al momento risulta non prevenuta, come le temperature di Campobasso.
Resta il fatto che da quando sono al governo, una in prima persona e l’altra, come dicono i maligni, anzi i morbosi, per interposta sorella, le due Meloni sono rimaste entrambe single.
Giorgia aveva liquidato il compagno Giambruno dopo gli improvvidi fuorionda targati “Striscia la notizia”, anche qui con dietrologie e sospetti, nei quali costui si comportava come Renzo Montagnani (o Lino Banfi, o Gianfranco D’Angelo) con Edwige Fenech (o Anna Maria Rizzoli, o Nadia Cassini) in una commedia pecoreccia degli Anni Settanta (e qui, fra parentesi: bizzarro come queste donne, madri e cristiane tutte Dio, Patria e Famiglia, beninteso solo quella tradizionale, abbiano sempre avuto dei compagni e mai dei mariti. Per carità, fatti loro, ma non è certo la famiglia voluta da Dio e benedetta dal parroco. O forse è solo la dimostrazione che ormai gli unici a credere davvero nel matrimonio sono i gay).
Ma, insomma, la lunga chiacchierata di Arianna potrebbe essere riassunta in due parole: mollo Lollo. Il quale, per restare ai suoi precedenti exploit ferroviari, questa volta ha perso il treno.
Magari non è facile, specie per uomini cresciuti nella cultura tradizionale del maschio alfa e dell’italico paterfamilias, stare accanto a donne di successo, benché poi Arianna neghi di avere un ruolo come consigliera numero uno di Giorgia e ripeta di essere una semplice dirigente di FdI.
E sicuramente non è facile fare funzionare delle relazioni quando si occupano posti così pieni di responsabilità e di visibilità, mentre gli avversari strepitano contro governi e partiti a conduzione familiare, dove tutti sono parenti o almeno si conoscono da una vita.
Certo, la vita pubblica non dovrebbe essere influenzata da quella privata dei suoi protagonisti.
Eppure, chi adesso si lamenta della morbosità della pubblica opinione dovrebbe ricordare che il personaggio Meloni è stato pubblicizzato e venduto anche raccontandone le vicende personali, la triste storia familiare, le umili origini, insomma tutta la retorica dell’underdog che certamente ha pagato, quando si è trattato di imporre l’immagine di Gggiorgia come “una di noi”, altro che le élite globalizzate e la kasta della Ztl (posto, ovviamente, che siamo ormai una ristretta minoranza a pensare quanto sarebbe preferibile essere governati non da uno di noi, ma da uno migliore di noi).
Naturale che si voglia sapere tutto anche di vicende che sono e dovrebbero restare private.
Negli ultimi vent’anni, la politica italiana si è americanizzata. I suoi protagonisti non vengono più votati per quello che fanno o almeno per quello che dicono, ma per quello che sono, per il personaggio, autentico o costruito, anche se almeno, per ora, nessun giornale va a verificare se a scuola non rubavano la merenda ai compagni o se durante il servizio militare non hanno marcato visita, come succede negli Usa dove non c’è deputato, senatore o ministro, e figuriamoci i presidenti o aspiranti tali, la cui vita non venga vivisezionata intervistando anche i vicini di banco o la prima fidanzatina.
Francamente, non sembra un progresso. I democristiani, almeno, non ci hanno mai inflitto le loro mogli, di cui si conosceva a malapena il nome.
Al massimo, si ricorda Fanfani, comiziando contro il divorzio, rivolgersi a quelle degli altri per ammonirle che se non avessero votato per l’abolizione “il marito sarebbe scappato con la serva”, espressione peraltro oggi politicamente scorrettissima. Che nostalgia per la Prima Repubblica (e anche per le colf).
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