Giochi aperti, spettacolo assicurato: i protagonisti del Giro d’Italia a Nord Est

Scenario opposto all’anno scorso con la Corsa Rosa dominata dal ciclone Pogacar. Sabato a Nuova Gorica saranno migliaia i tifosi per Roglic, che lotta per la rosa, e Tratnik, gli eroi di casa

Antonio Simeoli
Isaac Del Toro (Uae) il primo messicano nella storia a vestire la maglia di leader
Isaac Del Toro (Uae) il primo messicano nella storia a vestire la maglia di leader

Che Giro d’Italia arriverà da sabato a Nord Est per quattro giorni? Sicuramente intrigante, con una classifica apertissima, insomma molto diverso da un anno fa, quando la Corsa Rosa arrivò da queste parti per il gran finale esaltata ma anche anestetizzata da quell’immenso ciclone sloveno che si chiama Tadej Pogacar.

Quest’anno l’asso del ciclismo mondiale ha puntato ad altri obiettivi: le Classiche (dove ha dominato), il solito gigantesco e immancabile Tour de France, la Vuelta di Spagna a settembre e poi Mondiale e Lombardia.

C’è ancora equilibrio

E così la corsa, partita dall’Albania due settimane fa, ha presentato un ventaglio di soluzioni possibili al rebus maglia rosa. Il percorso poi, detto tra noi, apre a una soluzione definitiva più di altre edizioni sulle montagne.

Così a Vicenza il pubblico potrà ammirare almeno 5-6 pretendenti alla vittoria finale, concentrati in un paio di minuti. E siccome all’appello mancano le salite, due minuti nel ciclismo non sono nulla.

C’è il presente proiettato al futuro rappresentato dai ragazzotti della Uae, la maglia rosa Isaac Del Toro e quello che dovrebbe essere alla fine il suo capitano, Juan Ayuso; c’è il 36enne Primoz Roglic, sfortunato strada facendo ma comunque a tiro di maglia rosa, e che domani a Nova Gorica, nell’arrivo più suggestivo di questa edizione in quella Piazza Transalpina fino a pochi anni fa divisa a metà da un muro che separava due visioni d’Europa, troverà migliaia di tifosi in delirio per lui, proprio come due anni fa quando vinse il Giro sul Lussari.

Ci sono l’ecuadoriano della Richard Carapaz e l’inglese Simon Yates, uno che la maglia rosa l’ha vinta e persa, l’altro che l’ha sfiorata un paio di volte. C’è poi il redivivo e combattivo Egan Bernal, che dopo 4 anni vuole essere ricordato come un gran corridore e non come quello che vinse da giovane Tour e Giro e poi si schiantò contro un bus a sessanta all’ora senza tornare quello di prima.

W l’Italia

E, soprattutto, perché quando la gente in Italia va sulle strade a vedere il Giro cerca innanzi tutto gli italiani da applaudire, ci sono almeno tre azzurri competitivi.

Senza il friulano Jonathan Milan, cioè le ultime due maglie ciclamino della classifica a punti e garanzia di vittorie in volata, e Filippo Ganna, polizza nelle crono, dirottati dalle rispettive squadre al gran ballo francese della Grande Boucle, ci sono a tenere alto il vessillo dell’Italbici Lorenzo Fortunato (Astana), a caccia della maglia blu del gpm e di una vittoria di tappa, il suo compagno di squadra all’Astana Diego Ulissi per un giorno in maglia rosa, e, soprattutto ci sono Giulio Ciccone (Lidl Trek) e, ancor di più saldissimo al terzo posto, Antonio Tiberi, in alto in classifica generale.

Non accadeva dall’era di Vincenzo Nibali, cioè su per giù da dieci anni, che un italiano non si presentasse all’alba dell’ultima settimana di corsa con concrete possibilità di finire sul podio e persino di fare un pensiero alla vittoria.

Certo, a occhio il giovane ciociaro della Bahrain non è uno che scalda il cuore con attacchi, scatti, imprese da lontano e altro, almeno per ora, ma è più un regolarista, eppure è lì, e in montagna, in quelle poche salite affrontate da questo Giro, ha dimostrato di essere a suo agio.

Ecco lo scenario che si troveranno di fronte le migliaia di persone che affolleranno strade e piazze per vedere il Giro d’Italia.

La casa della bici

È una magia che si ripete, e, grazie all’occhio lungo di amministratori e imprenditori del Nord Est negli ultimi anni, si ripete molto spesso. Tra Veneto e Friuli, infatti, si sono decise le ultime quattro edizioni del Giro d’Italia.

Nel 2021 Egan Bernal affondò il colpo nell’ultima apparizione dello Zoncolan e nel tappone di Cortina, l’anno dopo toccò all’australiano Jai Hindley rovinare la festa a Carapaz staccandolo sulla Marmolada. Due anni fa la già citata crono finale sul Lussari, a 10 km dal confine con la Slovenia di Re Roglic. Un anno fa, ancora, toccò a Pogacar regale un altro paio di sgasate delle sue a Nord Est prima a Ortisei e poi sul Grappa scalato due volte e invaso da migliaia di appassionati. Non c’è niente da fare, da queste parti il ciclismo spacca. Anche economicamente. Nella Marca Trevigiana e dintorni albergano e prosperano decine di aziende con i fiocchi della filiera della bici. Vero in gruppo i corridori del Nord Est sono stati certo più numerosi anni fa, eppure andate, curiosamente, a sbirciare da dove viene la maggior parte dei direttori sportivi in ammiraglia.

Basta fare qualche nome: Fabio Baldato, Matteo Tosatto, Stefano Zanatta, Franco Pelizotti, Enrico Gasparotto, Paolo Slongo e ne abbiamo sicuramente scordato qualcuno. Insomma, i registi alla consolle di un ciclismo sempre più tecnologico arrivano da Nord Est. Un motivo ci sarà, no?

I tifosi e il buon senso

Buon Giro. Sul Monte Berico sopra Vicenza la corsa oggi chiama atleti di valore (e se spuntasse un fuoriclasse come Wout Van Aert, tra i più acclamati in gruppo, oppure Tom Pidcock?), domani a Gorizia le ruote veloci sono le più attese, poi, domenica, ci saranno il Grappa e l’altopiano di Asiago, roba per attaccanti tosti.

Buon Giro. E, cari tifosi, mettete via gli smartphone quando passano i corridori. Meglio un applauso, un incitamento e la memoria visiva, ve l’assicuriamo imperitura, che una foto in più, magari rischiando anche di farli cadere i vostri beniamini.

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