Maestra su Onlyfans, parte la denuncia al papà che ha diffuso le foto nella chat del calcetto

Elena Maraga denuncia il genitore che ha diffuso le sue foto da OnlyFans: violazione del copyright e del diritto all’immagine. Dopo il licenziamento per giusta causa, l'ex maestra chiede ora il reintegro o 70 mila euro di risarcimento

Lorenza Raffaello

«Denunceremo il genitore che ha diffuso le foto di Elena per violazione delle norme sul copyright. Ha salvato le foto da Onlyfans e le ha divulgate nella chat del calcetto screditando la maestra dell’asilo di suo figlio. È una cosa vietata».

Il contrattacco di Elena Maraga nei confronti della scuola che l’ha licenziata (con ben due comunicazioni ufficiali distinte) per giusta causa per i suoi contenuti sulla piattaforma per adulti, parte da queste parole.

Ovvero dalla denuncia che nei prossimi giorni verrà depositata da Maraga nei confronti del genitore che ha scatenato l’intera vicenda. A confermarlo è il sindacalista che sta seguendo l’ex maestra, Fabrizio Dumas del sindacato di base Cub di Treviso.

La scoperta

«Lui, il genitore, ha commesso il fatto grave, perché ha propagandato le foto in una chat privata», aggiunge Dumas ripercorrendo la sequenza degli eventi, «solo dopo la compagna è venuta a saperlo ed è andata su tutte le furie. Lui pensava di fare attirare l’attenzione dei suoi amici mostrando le foto della maestra dell’asilo e invece si è messo nei guai. Chi sbaglia paga e lui ha sbagliato.

A questo si è aggiunta la sua compagna che ha diffuso la voce, prima sui social e poi attraverso la stampa sempre in forma anonima, ma noi ci rivolgeremo alla attraverso la Procura e la polizia postale e denunceremo, perché è stato violato il diritto d’immagine e d’autore in quanto le foto sono coperte da copyright» aggiunge il sindacalista.

Dal canto suo il genitore in questione si è già affidato ad un avvocato che interpellato, però, la chiude con un «no comment».

La vicenda era trapelata a metà marzo scorso da una soffiata di una mamma dell’asilo in cui Elena Maraga svolgeva la mansione di educatrice. Qualche giorno più tardi, è seguita la decisione della maestra di palesarsi su La Tribuna di Treviso attraverso un’intervista cosa che, da una parte le ha regalato una notevole visibilità (oggi conta ha portato ad oltre 48 mila follower su Instagram e 1.800 abbonati al suo profilo Onlyfans per un guadagno mensile di circa 30 mila euro), dall’altra ha provocato un provvedimento disciplinare di sospensione dal lavoro da parte di don Federico, il parroco del paese e legale rappresentante della scuola materna.

Era il 18 marzo, poco più di un mese dopo, il 22 aprile, è arrivata la comunicazione di licenziamento per giusta causa.

L’altro ieri, infine, Maraga ha ricevuto la seconda lettera di licenziamento in cui la scuola ha ribadito il provvedimento per giusta causa e in cui «fa espressa riserva di agire nei suoi confronti per tutti i danni subiti e subendi in conseguenza del suo comportamento».

Per semplificare, il secondo licenziamento sarebbe motivato dal fatto che nell’ipotesi in cui il primo provvedimento venisse impugnato e venisse annullato del giudice il secondo resterebbe invece valido, se non annullato a sua volta. Un modo quindi per rinforzare l’atto.

Le contromosse

Il fatto che la scuola si sia riservata di chiedere i danni alla sua ex dipendente ha lasciato esterrefatti sia Maraga che i suoi consulenti: «Questo è il momento in cui si mettono sul tavolo le proprie carte, ma anche quello in cui chi non ha nulla in mano cerca di bluffare», commenta ancora Dumas, «Dovevamo vederci il 6 maggio, ma hanno disdetto l’appuntamento, noi abbiamo proposto di vederci domani (oggi per chi legge, ndr), ma non abbiamo ricevuto risposte, quindi procederemo».

Le contromosse che si preparano a giocare Maraga and Co. sono su diversi piani: «a livello di danno biologico esistenziale, quello che ha subito Elena in queste ultime settimane, ma anche la sua famiglia, che è stata giudicata da tutti; sia a livello penalistico verso le persone che hanno diffamato la maestra. Chiederemo la ricostituzione del rapporto di lavoro oppure un indennizzo». Risarcimento che il sindacalista quantifica in almeno 70 mila euro. 

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