«Le mie immagini nel film con Meryl Streep»

Andrea è un tutt’uno con la cinepresa. È piacere, lavoro, fuga, stabilizzare contatti, catturare la velocità dell’esistenza. Già il giovanotto si ritrovò nel progettone monstre di Ridley Scott . Life in a day, anni fa, riuscendo persino a penetrare il successivo Britain in a day. Soltanto due filmmaker al mondo hanno bissato. Lui e un giapponese.
Vive a Codroipo Andrea Dalla Costa, è l’occhio privilegiato dell’azienda Unidea di Sandro Comini. Amorevole padre di quattro pargoli e altrettanto amorevole marito. «Il rinunciare alla famiglia è la perdita più grave», dice. Lo si coglie da come ne parla.
Voi lo sapevate che esiste un mercato delle immagini? Una specie di mostruoso database dove chiunque può attingere, pagando? È così. Un supermarket pieno zeppo di girato. Girovaghi col carrellino e ti servi. I contatti con i salotti londinesi dove siede gente come Jack Arbuthnott, una delle migliori teste della ScottFree, Andrea li ha sempre conservati e ogni tanto la Manica la guarda dall’alto.
Squilla il telefono in casa Dalla Costa, una sera di un annetto fa. «Mi chiedono se possono utilizzare degli spezzoni miei per il film The Giver - Il mondo di Jonas, di Phillip Noyce con Meryl Streep e Jeff Bridges. Oddio, non c’è scelta tra il sì e il no. Ovviamente sì e ancora sì. Gente seria, quella, e mi aspetta eventualmente un contratto da firmare».
Come caspita potranno mai convivere due prodotti dalle polarità così diverse? Diciamo una pellicola hollywoodiana e degli esperimenti video fatti a casa di un amico di Andrea, il pittore Giancarlo Venuto, cattedratico di Brera? «Alla fine del film ci sono. Lo giuro. Appartengono ai ricordi della storia, il momento del flashback. Giusto per spiegare. Giancarlo mi offre lo spazio del suo atelier di villa Mainardis. La magnifica casa che Tornatore usò per alcune sequenze de La migliore offerta. Scopo? Liberare i nostri figli dentro un trionfo di colori. Raccolgo il momento e lo archivio. Fine. Stessa gestualità di sempre».
Il cinema è cambiato, beh, chiunque se ne sarà accorto. Oltre alle sensazioni visibili, ce ne solo delle altre magari più nascoste perché appartengono ai momenti dei ciak. Da quando è comparso il greenscreen, ovvero quella stanza con il fondale verde dove gli attori si muovono praticamente nel vuoto. Allo sfondo ci penserà poi la computer grafica. «Per questo - spiega ancora Dalla Costa - qualunque composizione potrebbe essere utile. Al regista tal dei tali serve una tempesta? In rete molti cacciatori di uragani vendono le loro catture. Facile. Prendiamo gli attori che abbiamo lasciato prima nella famosa stanza e facciamoli improvvisamente investire dalla più invadente delle burrasche. Facile, no?».
The Giver è un fantasy con sane prospettive. L’umanità del futuro sceglierà di annullare le differenze, azzerando i conflitti dilanianti delle società precedenti. Tipo la nostra. L’unico legame con un passato contaminato dalle passioni è la “Cerimonia dei 12” durante la quale un individuo è scelto come Custode delle Memorie. Quando il compito toccherà all'adolescente Jonas, la conoscenza di ciò che è stato lo porterà a voler scardinare per sempre l’ordine precostituito.
Le è piaciuto, Dalla Costa? «In realtà non l’ho ancora visto. Sa... quattro figli. Ma le mie cose ci sono, me l’hanno detto gli amici. Andrò».
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