Vecchioni: non è il tempo dei cantautori

NUOVA GORIZIA. È un nome che piace a ben più di una generazione: Roberto Vecchioni, nonostante i suoi 72 anni, non si ferma con la suo ultima tournée di concerti.
Poche sere fa si è esibito, applauditissimo, al Casinò Perla di Nova Gorica, dopo diverse tappe in regione.
Si associano spesso canzoni a diversi momenti storici: la Storia ha veramente una colonna sonora?
Ogni fase ce l’ha, ma c’è benissimo qualche momento alto e qualcuno basso. Ci sono periodi fondamentali e altri, che sono stati “di popolo”, invece dimenticati. In tutti i libri di storia ci sono poche “storie di popolo”. Io sono strutturalista, quindi tutto va di pari passo e oggi si va avanti di anno in anno, verso una sintesi dove la parola si perde.
Anche i recenti populismi hanno una loro canzone?
Sono insopportabili, una delle ragioni per cui non parlo più di politica: si sta confondendo la verità democratica con il populismo. Non è che tutti debbano parlare, lo fanno quelli che hanno qualcosa da dire; per questo non amo internet. Nemmeno l’arte è democratica, non è la maggioranza a fare la bellezza.
Questa sinteticità del linguaggio parte anche dalla scuola?
I ragazzi arrivano a scuola che hanno già la testa piena di alte cose, altri modi di esprimersi o ricevere le notizie. In classe, dopo mezz’ora un ragazzo si annoia, non c’è più quella capacità di attenzione e tensione che c’era una volta. Cambia l’uomo, il mondo, bisogna adattarsi: non posso insegnare oggi come lo facevo negli anni ’70/’80.
Su internet si dice sempre più spesso che la musica d’autore è morta. Si è riadattata o la vede proprio “estinta”? Anche la musica d’autore ha periodi, i grandi nomi non ci sono più. O meglio, ci sono ma sono vecchi (sorride, ndr) e non sono ricambiabili. Ci sono alte forme, forse più musicali come il rap, ma quel grande periodo pioneristico non si ripeterà.
Lei si è espresso sul caso Regeni. Pensa che tutto il mondo culturale italiano dovrebbe schierarsi per chiedere la verità?
Io mi schiero, però non è obbligatorio. Diceva Vittorini a Togliatti che gli scrittori non sono pifferai della rivoluzione ed è vero: un artista è il più libero di tutti, da qualsiasi tema, perché pensa in modo diverso, a un’umanità molto più grande. Non a quella del momento.
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