Vecchioni, la canzone per Giulio: «Il dolore terribile di una madre»

Un tour appena partito da Torino, quello di Roberto Vecchioni, storica anima del cantautorato italiano. Il “professore” sarà al Verdi di Gorizia il prossimo mercoledì a presentare la sua idea di “Infinito” che molto ha in comune con l’amore che nutre i grandi ideali e che sfida il destino. “Infinito” è anche il titolo del suo ultimo album, oltre che del tour iniziato dal capoluogo piemontese.
Da dove nasce l’idea di scegliere un tema così importante e come si declinerà nello spettacolo che porterà in scena in tutta italia?
«Lo spettacolo è composto da canti, da monologhi e da immagini, quindi sottolineature al canto attraverso immagini scelte da persone fidate e alcuni piccoli monologhi, naturalmente non pesanti, dato che di canzoni si tratta, non è Pirandello. Tutto il primo tempo è lasciato alle canzoni dell’Infinito. Questo per una ragione: sono tutti brani uniti gli uni agli altri. Il secondo tempo invece vedrà un repertorio di canzoni più vecchie. Sarà uno spettacolo completo, lungo quasi due ore e mezza».
In questo suo ultimo album ha voluto dedicare una canzone a Giulio Regeni. Come verrà resa sul palco?
«La canzone sarà preceduta da un racconto di madri che hanno perso un bambino. E un dolore impareggiabile che nessuno scrittore, nessun poeta può descrivere. Ho scelto di mettere dietro una donna di Michelangelo con un bambino. Mi sembrava un’immagine di maternità bellissima».
Quindi uno degli aspetti che più l’hanno colpita, della vicenda di Giulio, è il dolore anche materno che ha causato?
«Si tratta di un dolore impossibile da comprendere e forse l’unico a cui non c’è rimedio. A questo ho voluto accostare immagini di grande bellezza, come quella di Alex Zanardi, della guerrigliera curda Ayse o di Manuel, a cui hanno sparato ed è tornato a nuotare. Ci sono ancora delle cose belle, per fortuna».
Quando verrà qui in Friuli la prossima settimana andrà forse sulla tomba di Giulio Regeni o incontrerà qualcuno della sua famiglia?
«Ci sono già stato più volte in questi anni. Purtroppo è una vicenda che non avrà mai una spiegazione. Per molti versi questo è ancora un brutto mondo».
Parlando invece delle altre canzoni del suo ultimo album, è riuscito a portare in studio Guccini, dopo il suo addio alle scene...
«Ma non sul palco purtroppo!».
Questo è impossibile immagino...
«Non ce la fa nessuno, nemmeno Dio. Ho chiesto a Dio, ma mi ha risposto di no, tutto ma non questo! (ride)».
Quindi è stato già tanto ricondurlo in sala di registrazione...
«Sì, ma l’ho preso di sorpresa. Lui alla fine era felice, gli è piaciuta la canzone, l’idea, il fatto che sono andato a trovarlo io. L’ho tirato fuori dal letto, gli ho detto: “devi cantare”. È stato molto bello. E poi siamo amici da 50 anni».
E come è andata invece con Morgan, altra collaborazione nel suo album?
«A Morgan voglio bene da tanto e poi è un genio, uno dei tre geni più puri della canzone italiana. Non si fa vedere e non si fa notare, ma ha una cultura musicale spaventosa. Conosce tutto: sinfonica, jazz, musica leggera, est, ovest, sud, tutto... È un personaggio irrefrenabile e va sempre dove tu non ti aspetti».
Un carattere “straordinario”, anche?
«Ma è buono, davvero buono».
Come vede il cantautorato oggi? Da certe affermazioni sembrava non le piacesse troppo...
«In realtà penso solo che il cantautorato degli anni’70 non esiste più, quello degli esperimenti che inventavano la parola per la musica, quello che comunicava, che aveva messaggi dentro...».
E quello contemporaneo?
«Non lo disprezzo. Ci sono artisti che lavorano benissimo, come Silvestri e Gazzè, che stimo tantissimo. Anche il rap dei ragazzi, perché no, ma è un’altra comunicazione...!.
A esempio chi, tra i rapper?
«Fabri Fibra, anche se non è un ragazzo. Il migliore rimane sempre Caparezza, ma lui è fuori target ormai».
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