Una Partenza in salita, Corrado Tedeschi in scena con la figlia per una lezione di guida
Da sabato 18 febbraio in tour in Fvg per Ert: « È come essere sul lettino dello psicoterapeuta»

UDINE. Questa non è una commedia tradizionale. Di quelle che contengono novanta per cento finzione e dieci per cento materiale preso in prestito dalla realtà. “Partenza in salita” è cento per cento «pura vita.
La commedia siamo noi», ci confida Corrado Tedeschi in scena con la figlia Camilla. Manca pochissimo all’avvio del tour regionale, come sempre marchiato Ert, che inizierà oggi all’Auditorium di San Daniele.
Le altre date: sabato 18 al Ristori di Cividale, domenica 19 al Comunale di Talmassons e lunedì 20 al Pileo di Prata di Pordenone.
Non si vedono molti padri e figlie duellare sul palcoscenico. A voi com’è capitato di condividere un testo?
«La colpa è dell’autore e amico Clementi. Gianni ci conosce da sempre e una sera se ne uscì con “ma voi siete una commedia vivente, mi piacerebbe scrivere qualcosa”. Trovai geniale l’idea di farci accomodare in una automobile per una lezione di scuola a guida. Sono attimi delicatissimi per un genitore: gioiosi e drammatici. Dove ci si arrabbia, ci si abbraccia, si litiga, vien fuori il meglio e il peggio di te. Soprattutto se la partenza non è in piano».
Quindi voi non recitate, ma continuate il dialogo della giornata soltanto con un pubblico davanti?
«Diciamo che la naturalezza vince su tutto. Ci divertiamo e facciamo divertire, questo glielo assicuro. Camilla è bravissima e lo dico da collega non da padre. È come essere sul lettino dello psicoterapeuta con il vantaggio, alla fine, che non paghiamo la parcella».
Fu una scelta autonoma quella di Camilla di fare l’attrice?
«Guardi, ho tentato in tutti i modi di dissuaderla. Questo è un lavoro a volte ingrato. Condividi trionfi e delusioni in parti uguali e non sempre c’è la giusta proporzione. L’applauso è l’unica gioia certa, un “rumore” che ti ripaga dalla fatica e ti cura corpo e anima».
Buone notizie per uno come lei che tanti anni fa lasciò la tv, seppur da protagonista, per abbracciare la prosa: lo spettacolo live sta facendo il 43 per cento in più rispetto all’anno scorso.
«Il bisogno del confronto e la libertà ritrovata hanno contribuito al desiderio di godersi lo show dalla platea e non dal divano. Poi, va detto, la televisione è un’ottima alleata del teatro: istiga a spegnerla. Per questo motivo è ancor più impegnativo il nostro compito di attori: dobbiamo dare il massimo e ripagare la fiducia del pubblico. Si va in proscenio anche con la febbre, a volte. Dispiace mandare a casa la gente».
La sua televisione e quella contemporanea: cerchiamo le differenze? Titolerebbe un noto settimanale di enigmistica.
«Allora la televisione si faceva guardare, adesso la subiamo. Siamo vittime del piccolo schermo e ci viene difficile scegliere. La mia era elegante, ma anche la società lo era, a suo modo, almeno rispetto a quella contemporanea. Guardi, le dico solo questo: i miei vicini di studio erano Vianello, Corrado e Mike. Non serve commentare, mi pare. Il gioco che la tv ci riserva oggi è quello del “disorientiamoli”. Se andiamo a controllare i dati d’ascolto emerge che la televisione brutta è la più seguita. Fa pensare». —
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