Un sogno nel cassetto durato 50 anni: lo storico Gaspari si cimenta nel giallo

Al centro della storia l’assassinio di un funzionario a Milano. Un pretesto per riflettere sulla crisi culturale dell’Italia d’oggi

Un sogno nel cassetto lungo cinquant’anni, nutrito dalla passione per i gialli, è il primo romanzo dello storico, sociologo ed editore udinese Paolo Gaspari, autore di numerosi studi di storia sociale e militare, in particolare sulla Grande guerra. Dalla saggistica alla narrativa del delitto, del mistero, ma anche della denuncia, mantenendo il gusto per l’indagine, già propria della ricerca storica.

Ci sono due sfumature di giallo nel poliziesco di Paolo Gaspari, due livelli di lettura e categorie di delitti: l’uccisione di uomini in carne e ossa e l’assassinio, pur sempre reale, di biblioteche, librerie e cultura. Si indaga su due fronti, cercando chi stia ammazzando vite umane e, sottotraccia, chi stia facendo fuori la sapienza e la conoscenza: moventi, interessi, colpevoli, complici. Elena Malatesta e i delitti della rivoluzione bibliotecaria (Gaspari Editore) è il titolo che fonde il nome della commissaria, grafologa e archivista, affiancata da Ala di Falco, ex Nocs, e un’idea di cultura, un progetto, un’utopia, nel disperato tentativo di salvare libri, intelletto e anima.

Muore a Milano un alto funzionario del ministero delle Finanze. Era disposto a spendere 250.000 euro per costruirsi una legittimazione culturale, facendosi allestire una biblioteca privata di libri antichi e moderni, purché intonata al mobilio della stanza. Non fa in tempo. Strano il testamento, firmato all’ultimo, a favore di due biblioteche: la Braindense e la Malatestiana.

Alla sua morte misteriosa si collegano altri delitti romani, mentre emerge il torbido rapporto tra Cultura e Potere politico-economico, nella rete di fondi, investimenti e progetti: nepotismo, clientelismo, corruzione, complicità trasformano spesso i funzionari in strateghi, burocrati corrotti e cialtroni, che agiscono attraverso scambi, ripicche, minacce, piuttosto che competenze.

Le indagini delle due diverse e complementari commissarie partono da Milano e si diramano a Roma, Napoli, Cesena, Pescara. Ogni città è occasione di conoscenza. L’autore ci porta dentro palazzi, biblioteche pubbliche e private, di fronte a opere d’arte, arredamenti antichi, bassorilievi, librerie dell’usato e dell’antiquariato, archivi, fin tra le pagine dei libri, citando diversi autori, tra cui spicca Ippolito Nievo con la sua Pisana.

Dai dialoghi emergono dati e riflessioni sulla crisi culturale: effetti del web, decadenza della scuola e delle infrastrutture, mancanza d’investimenti nel mondo librario, bibliotecario e nella ricerca, criticità dell’universo-lavoro prima e dopo il Covid. Ed ecco la prospettiva di una rivoluzione della cultura con al centro la biblioteca come luogo di formazione, di studio, di incontri, d’amore, di socializzazione: «piazza coperta», essa stessa storia, luogo in cui si respira arte anche solo dall’arredamento, realtà da intersecare alla scuola e al turismo, visto come asse portante per il futuro dell’occupazione giovanile.

Così, mentre si snoda la trama e si indaga sui delitti che sconfinano anche nel mistero di alcune tele del Caravaggio, si ipotizzano «la costruzione della società della conoscenza», «un nuovo Rinascimento», «la rivoluzione bibliotecaria», un progetto di ampliamento e creazione di biblioteche, una «setta carbonara per velocizzare la burocrazia», figure di «intellettuali riformatori», la creazione di un «comitato rivoluzionario».

Ad incastro, dentro la vicenda principale, viene narrata la fiaba del ladro devoto a San Giuseppe. Se il peccatore non viene accolto in paradiso, San Giuseppe è pronto a seguirlo, e sarebbe un bel guaio, perché con lui lascerebbero il paradiso la Madonna e Gesù, e, di conseguenza, via via tutti gli altri. Una sorta di santo mediatore, «intellettuale organico», che attua la rivolta affinché il paradiso sia per tutti, come dovrebbero essere per tutti i libri e la cultura.


 

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