Tosca canta per Terzani: «Musica, teatro e arte sono le passioni che mi guidano a conoscere gli altri»

Domenica 27 alle 21 sarà la colonna sonora nell’ex chiesa di San Francesco a Udine.«Mia nonna mi ha insegnato il rispetto e l’accoglienza»

Una scelta in sintonia con il cuore del Festival quella di Vicino lontano che affida a Tosca, fuoriclasse del canto e pasionaria della vita, la colonna sonora della serata dedicata alla consegna del Premio letterario Tiziano Terzani, questa sera alle 21, nell’ex Chiesa di san Francesco a Udine.

Un feeling ricambiato a sua volta dalla cantante, artista eclettica e raffinata, due volte Targa Tenco e Nastro d’argento, come scopriamo dalle parole che dedica a Tiziano Terzani, già in apertura dell’intervista, concessa prima di raggiungere Udine: «Tiziano Terzani era un giornalista che voleva essere comprensibile a tutti. A me piace far conoscere l’yiddish a mia madre. Non c’è nulla di difficile, c’è un modo di porsi, di porre le cose che fai in modo che il loro significato arrivi, tutto è comprensibile se approcci con rispetto. Nel vocabolario di Terzani ricorre la parola “contento” più di “felice”. Una filosofia di vita che indica il non andare a cercare sempre di più ma di muoversi e immergersi in quello che abbiamo. Un modo di pensare la vita che mi ispira molto».

L’edizione del Festival vicino lontano declina la parola passione. Quali sono le sue?

«La musica, il teatro, l’arte in generale, la scoperta, la curiosità. Mi piace cercare, scoprire le cose lontane da me e interpretarle con la mia cultura, è un mio “pallino”. Ho sempre trovato il “diverso da me” affascinante, non mi ha mai fatto paura. Quando ero piccola, nel mio quartiere c’era una bambina francese. Nessuno degli altri bambini voleva parlarci, giocarci. Grazie a lei ho conosciuto un’altra lingua e amo la musica francese da sempre. Mia nonna era figlia di emigranti che avevano lasciato l’Italia, americana di seconda generazione. Quando la mia bisnonna morì di spagnola, la nonna tornò in Italia. Non parlava una parola di italiano. La isolarono. Si sentì tutta la vita in dovere di aiutare gli altri, mi ha insegnato il rispetto, l’accoglienza. Abitava con il nonno sull’Appia antica, erano contadini. Ospitavano i soldati tedeschi che chiedevano di stare al caldo anche per poco tempo. “Ragazzini, figli di Dio, diceva, che non sanno neanche quello che fanno». Un giorno uno di loro le disse di non farsi trovare. Fecero una retata e lei si salvò. Era un periodo in cui ti dovevi guardare da chiunque, anche dal macellaio, dal vicino di casa. Gli emigranti di ritorno erano visti come traditori. Inorridisco quando vedo quello che facciamo adesso alle persone che eravamo noi cento anni fa».

Il suo ultimo album “Morabeza”, è un vero e proprio viaggio musicale intorno alla Terra nel segno della ricerca e della passione per le grandi scuole musicali che attraversano senza confini il nostro pianeta. Nei suo viaggi, quando si avvicina ad altre musiche e suoni, cosa trova?

«Quando ti avvicini a un’altra lingua, a un altro suono, cerchi te stesso, cerchi l’accoglienza, cerchi di sentirti a casa. E trovi sempre un frammento che ti appartiene».

La pandemia e la chiusura hanno lasciato un segno indelebile nella vita delle persone e degli artisti. Cosa è cambiato nella sua?

«Le priorità. La gente è stata costretta a guardare e a fermarsi. Penso che siamo tutti depressi al contrario. Chi in forma accumulativa, chi sottrattiva. Chi accumula è stato costretto a togliere. Mia nonna diceva che dopo l’epidemia di Spagnola il mondo era cambiato. Siamo come in un viaggio, in un passaggio da un’epoca troppo voyeuristica e sciocca. La pandemia ci ha messo davanti a uno specchio. C’è chi viaggia a prua e chi a poppa. Chi è consapevole che è cambiato qualcosa e guarda avanti».

Dal 5 ottobre dalle 13 inizierà un nuovo progetto artistico su Rai Radio3, di cosa si tratta?

«“D’altrocanto” è piccolo viaggio in dieci puntate attraverso aneddoti, spunti, suggestioni e canzoni in giro per il mondo. Racconterò di tutta la musica che ho incontrato nella mia vita e ascolteremo quello che le radio non passano. È tempo di ragionare al contrario».

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